lunedì 13 gennaio 2025
“Per Nicco tutto era occasione di dialogo con il Mistero di Dio”

E' stato l'arcivescovo emerito Giuseppe Betori a presiedere la celebrazione eucaristica in occasione del sesto anniversario della salita al Cielo di Niccolò Bizzarri, lo studente fiorentino scomparso prematuramente. Nella chiesa di San Giovannino dei Cavalieri, ieri si sono ritrovati i genitori, gli amici universitari e tante altre persone che lo hanno conosciuto attraverso le sue poesie. Alcuni versi sono stati citati dallo stesso cardinale nel corso dell'omelia per tratteggiare alcune note caratteristiche di questo giovane, affetto da una grave malattia degenerativa che lo aveva costretto a stare in carrozzina. Una condizione, però, che per Nicco non era fonte di frustrazione ma di una ricerca sempre più intensa del significato del vivere. Dalla sua testimonianza è nata un'associazione che promuove annualmente un concorso di poesie per giovani scrittori giunto alla quinta edizione. Il prossimo bando sarà aperto da marzo a maggio mentre la cerimonia di premiazione e il relativo seminario poetico si terranno nel weekend del 12-14 settembre. Chi desidera sostenere le attività degli “Amici di Nicco” è invitato a diventare socio versando la quota di 10 euro (5 euro per gli studenti) all'associazione Lo sguardo Aps attraverso la quale saranno da ora in poi presentate le future proposte. Grazie a don Elia Carrai siamo in possesso del testo dell'omelia del cardinale Betori che pubblichiamo integralmente.

Carissimi, con questa domenica si compie il Tempo di Natale. Contemplando il battesimo del Signore veniamo introdotti, una volta di più, nel mistero dell’incarnazione di Dio, del farsi veramente uomo del Verbo.

Nel Vangelo appena proclamato l’evangelista Luca non ci presenta più il quadro a noi familiare della natività, in cui un istante di stupore sembra cogliere l’intera creazione, come raccontano i nostri presepi, nei quali angeli e greggi, rudi pastori e sapienti magi, tutti volgono lo sguardo al mistero del Dio bambino. Nel Vangelo odierno vediamo invece Gesù uomo, che, quasi non visto, si unisce alle file di peccatori accorsi per ascoltare il Battista e, ancor di più, per lasciarsi toccare da quel gesto di perdono che questi offriva invitando alla conversione, il battesimo appunto nelle acque del fiume Giordano. Secondo il vangelo di Matteo, Giovanni resisterà inizialmente alla richiesta di Gesù, affermando di essere lui il Battista a dover essere battezzato da lui. Ma Gesù si dimostra tenace nel suo intento, «conviene – egli dice – che si compia ogni giustizia» (Mt 3,15). A questo gesto di umiltà assoluta compiuto da Gesù che si lascia immergere nelle acque del Giordano segue un’irruzione improvvisa dello Spirito di Dio, e la voce stessa del Padre riconosce in Gesù il Figlio. Potremmo affermare che ora non si tratta più solo dello stupore della creazione per il misterioso irrompere di Dio nella storia: è il mistero stesso di Dio ora in qualche modo a stupirsi, è lo Spirito che irrompe, è il Padre che si compiace del Figlio, il quale abbraccia in pienezza il suo essere uomo.

Comprendiamo così qualcosa di decisivo: nel Figlio incarnato Dio non si vuole “semplicemente” inserire nella storia tra le vicende del mondo, egli non ha semplicemente assunto un’apparenza umana, egli desidera, piuttosto, condividere pienamente la situazione dell’uomo e, proprio così, introdurre l’umana esistenza in una possibilità del tutto nuova. Gesù non si presenta sulla scena della storia come uno dei tanti semi-dei dei racconti antichi, egli è il veramente Dio e il veramente uomo. Il suo collocarsi tra i peccatori, il suo voler accogliere quell’ultimo segno battesimale sorto nella storia del suo popolo ci dice che egli non solo si è fatto uomo ma che egli questa umanità è intenzionata a viverla e assumerla tutta come uomo. Non solo, egli è disposto a patirla nella sua fragilità, vulnerabilità e povertà così che Lui, estraneo al peccato, proprio dal peccare degli uomini sarà disposto a lasciarsi fare tutto (cf. 2Cor 5,21), Nel gesto di Gesù che si lascia battezzare noi contempliamo così la passione assoluta di Cristo per l’umano, una passione che assumerà infine i tratti drammatici della croce, dalla quale lui, chiedendo al Padre di perdonare coloro che ne uccidevano il Figlio, fa scaturire la grazia di quel perdono trasformante e definitivo che è la sorgente perenne del battesimo che ognuno di noi ha ricevuto: noi siamo i perdonati, gli amati di Dio.

In questa prospettiva tutto ciò che Gesù vive nei vangeli si colloca allora nell’orizzonte di questa continua e totale volontà del Cristo di vivere pienamente tutta la sua umanità: nei momenti di fatica, di commozione improvvisa, di pietà profondissima. di amore totale e senza misura, fino ai momenti più drammatici di timore e di sofferenza per il male del mondo.

Al battesimo di Gesù seguiranno le diaboliche tentazioni del deserto, in cui il demonio non contesta la provenienza divina di Gesù; ad essere inconcepibile per il maligno è, piuttosto, che Gesù, pur essendo Dio, abbia deciso di vivere da uomo, di non saziare cioè miracolosamente la sua fame, di non abbracciare la via più facile – quella della forza – per assoggettare i popoli, di non manifestarsi gloriosamente nel Tempio di Gerusalemme per rivendicare il suo essere da Dio. Gesù rimane fedele a voler vivere la sua umanità da uomo fino alla fine, fino in fondo, fino alla croce e fino alla gloria, perché, come scrive Charles Peguy, «[Il Figlio di Dio] ha riportato nel cielo un certo gusto di uomo, un certo gusto della terra» (Il mistero dei santi innocenti). È in questa forza d’amore all’uomo, che Gesù porta con sé fino ai cieli, che si manifesta la vera potenza di Dio.

È qui, amici carissimi, che quanto la liturgia ci fa oggi contemplare si lega in modo speciale all’occasione di questo nostro rendimento di grazia eucaristico. Siamo qui, infatti, perché vogliamo ringraziare e pregare per il dono che è stato per ciascuno di noi il nostro fratello Niccolò, Nicco. Davanti alla sempre presente tentazione di non vivere pienamente e fino in fondo la nostra umanità, fino a sentirla solo come un peso; davanti alla tentazione di distogliere lo sguardo, in distrazioni crescenti, dalle proprie fragilità e ferite; davanti alle pretese di accessoriare tecnicamente questo nostro umano e impadronircene per superarne i limiti; Niccolò ci continua a testimoniare una possibilità diversa: quella di poter fare i conti realmente con tutta la propria umanità, quella di poter abbracciare fino in fondo la propria condizione anche laddove è ferita o toccata dalla malattia. La sua vita è stata infatti segnata dalla scoperta che più ancora che il motore della sua sedia a rotelle a essere per lui decisivo era ciò che aveva la forza di muovere la profondità di tutto il suo io, della sua umanità.

Lo descrive in modo fulminante in questi suoi versi: «Non più sedia dal motore mossa, / ma mente dal desiderio scossa / di ricercare anche in agonia / il bello della strana compagnia». L’incontro con Cristo per Niccolò ha avuto i tratti concreti di una storia per la quale – in famiglia prima, e con i ragazzi del CLU poi – ha potuto compiere un cammino umano di sempre più vera e piena presa di coscienza di sé. Attraverso il suo silenzioso riflettere poetico egli ci testimonia proprio di come per lui tutto iniziasse a divenire occasione di “dialogo” con il Mistero stesso di Dio, proprio dal di dentro della sua condizione, delle sue domande e obiezioni perfino.

Intuiamo tutto questo in questi altri suoi versi: «Sono pronto / vivo di ciò che mi separa da te / come se tu fossi qui, ora… Tu sei la mia vocazione, / sei la fonte del mio io: / in te troverò me stesso… / Non fermarti, smetti di esitare: apriti al mistero / che il mio essere consuma per te… /Aspetto la tua voce ogni giorno di più».

Che queste non fossero solo parole ce lo ha confermato il momento del suo andare incontro al Signore, quando con parole il cui peso e grandezza comprenderemo anche noi solo al compiersi dei nostri destini, ha potuto affidarsi al Signore dicendo a chi amava: «Sono pronto».

Chiediamo la grazia di continuare a lasciarci interpellare dalla testimonianza di Niccolò e di tutti coloro che come lui continuano a mostrarci la bellezza e grandezza di questa vita di Dio presente nell’umano. È l’incontro con questa vita nuova il vero motore della vita, solo essa ci mette in movimento, ci spalanca al Mistero e ci fa vivere ogni giorno nel desiderio di ricercare la sua voce.

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