Chiesa e politica: distinte, ma non distanti
E' destinato a sollevare un interessante dibattito l'ultimo libro di padre Gabriele Marino, frate minore della provincia del Sannio e dell'Irpinia, che si è cimentato sui rapporti tra Chiesa e politica. Si tratta di un tema estremamente controverso, da anni al centro di vivaci polemiche e di continui scontri. Non potrebbe essere altrimenti dato che l'Italia è il Paese della Breccia di Porta Pia, del Concordato e della presenza del Papa.
Il volume in questione è il risultato finale di un ciclo di lezioni che l'autore ha svolto un anno fa per un corso di formazione agli studenti dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Giuseppe Moscati” di Benevento. La stampa del libro non era in programma ma si è concretizzata sotto la spinta di alcuni studenti che, meritoriamente, l'hanno sollecitata con insistenza. Così è venuta fuori una sorta di manuale che può essere a buon diritto considerato una bussola per gli insegnanti ma anche per tutti coloro che sono impegnati politicamente o comunque intendono avvicinarsi a questo mondo.
Padre Marino, che è di stanza presso il convento di San Giorgio del Sannio ma è anche docente di sociologia, affronta in poco più di 140 pagine una serie di nervi scoperti di due realtà importanti della nostra società che non sempre sono andate a braccetto. D'altronde non è facile trovare la giusta chimica quando in ballo c'è il bene comune che viene tirato per la giacchetta e strumentalizzato. Attraverso episodi storici, citazioni del Magistero e illustri testimonianze del nostro tempo, l'autore restituisce una dimensione corretta a quello che dovrebbe essere il giusto canale di comunicazione affinché, come amava ripetere Paolo VI, la politica sia “la forma più alta di carità, seconda sola alla carità religiosa verso Dio”.
Il primo nodo che Marino intende sciogliere nel suo excursus è quello relativo ad un'accusa che costantemente viene rivolta agli uomini di Chiesa. Stiamo parlando degli sconfinamenti della gerarchia che, secondo i suoi più acerrimi nemici, non dovrebbe occuparsi di alcuni argomenti attinenti la sfera politica. E' indubbio che, ad esempio in Italia, ci sia stata una qualche forma di interventismo da parte della Conferenza Episcopale, soprattutto durante la presidenza del cardinale Ruini, ma per l'autore non si può parlare di supplenza politica e, anzi, rivendica il ruolo della fede che ha inevitabilmente un impatto sulla società e sulla sfera pubblica. “I Pastori non possono tacere, ma devono parlare, insegnare ed esprimere giudizi anche su questioni sociali e politiche, offrendo il loro contributo per illuminare le intelligenze e formare le coscienze”.
Un concetto che ritorna spesso nel libro è quello della fede che non può essere vissuta come un'esperienza di vita privata e individuale. Nella seconda lezione, infatti, Marino si addentra nell'insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa e cita in sequenza una serie di figure laiche che hanno fatto della politica il loro impegno di cristiani nel mondo. Lo scriveva già don Lorenzo Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. Il pantheon dei politici cattolici è davvero ampio: si va da Alcide De Gasperi, di cui in questi giorni abbiamo ricordato i 140 anni dalla nascita, al sindaco santo Giorgio La Pira, da Aldo Moro a Tommaso Moro, proclamato patrono dei governanti e dei politici da Giovanni Paolo II.
Secondo Marino l'insegnamento della Dottrina Sociale è ancora attuale ed anzi lo stesso Papa Francesco ha sollecitato una nuova forma di presenza dei credenti in politica. Ciò non significa creare un nuovo partito confessionale come fu la Democrazia Cristiana nella Prima Repubblica ma attuare il dettato evangelico ossia laici in grado di essere sale della terra e luce del mondo. “Ritengo che il primo movimento debba essere quello di radunare i politici credenti aderenti a qualunque partito o movimento, per compiere con loro i passi di un'educazione comune alla fede. Non è opportuno radunare i credenti per parlare di politica, ma incontrare i politici credenti per parlare della fede”.
L'altro grande nodo irrisolto riguarda la formazione delle classi dirigenti. Sarà anche per questo che la terza lezione del corso del frate francescano è dedicata alla sfida educativa con un particolare riferimento alla educazione alla politica. Anche su questo, i cattolici possono dare il proprio contributo. “Occorre educarsi al ruolo di cristiani attivi nella polis, senza mai trascurare la direttrice fondamentale: la salvaguardia della centralità dell'uomo e della sua dignità”. A tal proposito, ci sono almeno quattro momenti formativi: la lettura della storia, la conoscenza delle dinamiche politiche, la conoscenza della Dottrina Sociale ed, infine, la conoscenza del programma e degli obiettivi.
Ma siccome il nostro tempo non ha bisogno soltanto di maestri ma anche di testimoni, Marino ha dedicato la sua ultima lezione a quattro colonne della fede, quattro martiri, tutti del Mezzogiorno d'Italia, che con il loro esempio dovrebbero incoraggiare ad essere cristiani autentici. Parliamo di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso nel 1990 dai mafiosi della Stidda, così come il parroco di Palermo, don Pino Puglisi, freddato il 15 settembre del 1993 e beatificato nel 2013. Anche in Campania i sacerdoti anticamorra hanno pagato con il sangue il loro impegno a non tacere dinanzi all'arroganza della criminalità. Nel 1994 don Peppe Diana morì nel giorno del suo onomastico mentre stava per celebrare messa nella sua chiesa di Casal di Principe. Più recentemente, nel 2010, è stato ammazzato anche Angelo Vassallo, il cosiddetto “sindaco pescatore” di Pollica – Acciaroli. Un delitto che ancora non ha avuto giustizia ma che certamente ha le radici nel suo impegno politico e amministrativo a favore della legalità e dell'ambiente.
Cosa ci insegnano questi uomini che hanno versato il sangue? Che la politica non è una cosa sporca, una realtà da denigrare, da tenere lontana dalla propria vita., La politica, come scrive nell'appendice l'autore, “è sapere di non essere soli, ma di far parte di una comunità di persone, senza la pretesa di tenere tutto per sé, ma donandosi agli altri. La propria identità si costruisce nei rapporti e nelle relazioni con altre persone”.