
Don Pigi: “L'educazione è per tutti la grande occasione della vita”
E' sempre un piacere tornare al Conservatorio San Niccolò di Prato. E' un piacere anzitutto estetico perché stiamo parlando di un bene artistico di pregio, conservato e curato nei minimi dettagli. Ma è anche un piacere umano e culturale perché la scuola dell'amica Mariella Carlotti non smette mai di offrirci occasioni di confronto e di dialogo su questioni cruciali della vita.
Questa volta ad esempio siamo stati invitati per un incontro interessantissimo sulla libertà di educare, un tema decisivo in questa stagione così difficile nel mondo in cui viviamo. Ad aiutarci è venuto da Milano don Pierluigi Banna, da tutti conosciuto come “Pigi”, che è un sacerdote ma anche un teologo; insegna alla Cattolica e al Seminario di Venegono. Importante è anche la sua esperienza con i tanti ragazzi che ha incontrato in questi dieci anni di ministero e che ha accompagnato nelle loro scelte.
Nella sala dell'antico refettorio ci sono gli insegnanti del San Niccolò ma anche tanti altri venuti da scuole statali e paritarie di Prato e di Firenze. Il pubblico è variegato, ci sono infatti anche tanti “non addetti ai lavori”, perché il tema dell'educazione non può e non deve essere confinato nel campo di chi lavora nel campo dell'istruzione; è una sfida che riguarda tutti gli adulti.
E ciò che è chiaro sin dall'inizio di questo dialogo, che si protrae per oltre un'ora e mezza, è che per affrontare questa sfida c'è bisogno di un ribaltamento, di una rivoluzione che parta anzitutto da noi stessi. L'educazione non è questione di ciò che proponiamo ai ragazzi ma di ciò che viviamo noi come adulti, del nostro rapporto con il significato, con la libertà, con il tempo.
Stando con i piedi ben piantati nella realtà perché altrimenti si rischia di diventare ideologici. Perciò è stato bello che il dialogo con don Pigi sia cominciato da un fatto di cronaca, il tentato suicidio di uno studente di una scuola poco distante da dove ci troviamo noi a fare l'incontro. Un fatto che ha portato Tommaso, docente di Lettere, a chiedersi cos'è l'indispensabile nella nostra vita e in quella dei ragazzi che incrociamo a scuola.
“Il nostro compito di educatori e insegnanti è di rendere visibile l'indispensabile nell'insegnamento” dice Tommaso, reduce dai Colloqui Fiorentini su Pasolini a cui ha partecipato con le classi del liceo e da cui ha ricavato almeno due lezioni: “Non è che le nostre ferite scompaiono ma l'importante è che ci sia un luogo dove il nostro malessere possa essere detto, esplicitato”. E poi: “Io capisco chi sono nel rapporto con l'altro”.
Nella risposta di Pigi non c'è nessuna analisi sociologica. “Il suicidio di un ragazzo è un gesto che viene visto come la più grande sconfitta dell'educazione ma può essere invece l'occasione per chiedermi a cosa l'ho introdotto, a cosa l'ho portato. Se questo rende me stesso un briciolo più certo di dov'è ora questo ragazzo. Domandiamoci se l'educazione è preservarsi dalle botte della vita oppure introdurci alla certezza che qualsiasi cosa fai c'è uno che ti prende tra le braccia. Per noi educare è buttare l'altro nella vita con la certezza che uno più grande di te lo abbraccerà. Perché il male non sarà mai più grande del Destino a cui io voglio introdurti”.
Sempre Tommaso affronta il tema del relativismo, molto diffuso tra i ragazzi. Non esiste più dialettica, non si entra nel merito. Ognuno rimane sulle sue posizioni. Per Pigi la strada è quella di sfidare l'altro sul terreno dell'esperienza. “Più i ragazzi sono fragili sulle scelte importanti più si trovano attaccati a piccole convinzioni. Occorre guardare queste cose ma il passo successivo è che con le mie domande ho sempre la possibilità di chiederti quell'oltre che sta al di là delle tue convinzioni. Guardando oltre, pian piano facciamo sorgere la passione per il tutto”.
E' una questione di metodo, quindi, che magari ci fa paura adottare “perché davanti alla grande verità si è sempre in cammino, si è sempre in rapporto. Davanti ai grandi problemi della vita, ci si apre alla verità che ti spalanca, che ti apre sempre di più”.
Ivano, invece, ci porta su un terreno scivoloso come quello dei rapporti scuola – famiglia che non sempre sono facili. I genitori, lo sappiamo, non mancano occasione per mostrarsi scettici rispetto al lavoro dei professori e spesso si trasformano in avvocati difensori dei figli. A ciò, aggiungiamo la scarsa passione che si riscontra tra i ragazzi per tutto ciò che viene proposto loro. Per Pigi è tutto un problema di conoscenza che don Luigi Giussani chiamava il distacco della conoscenza.
“I genitori dovrebbero lasciar crescere i ragazzi, dobbiamo accettare che ci sono dei punti che ci sfuggono di loro e che sono molto più grandi di noi. È pericoloso mettere il guinzaglio, proiettare la nostra immagine di bene su un ragazzo. Lui potrà fare emergere le sue passioni soltanto nell'azione, nel grande campo della realtà, soltanto lasciandolo andare. L'io della persone viene fuori solo in azione. Inizia in un rapporto ma poi continua con tutta la realtà. Diventa una partita fondamentale accettare che il destino dell'altro non appartiene a nessuno di noi, ogni ragazzo è molto di più di ciò che sappiamo”.
Questo non significa che un ragazzo non possa sbagliare. Di fallimento e di errore parla Marta che insegna alle medie. I suoi studenti, invece, non ne vogliono sapere. Sono fragili, aggiunge la sua collega Simona. Ci vogliono adulti capaci di comunicare che il fallimento può essere un'esperienza viva e che il nostro aiuto non va accettato passivamente ma è uno stimolo a muoversi.
Su questo Pigi è d'accordo con le insegnanti: “Ho imparato più cose sbagliando che facendo tutte le cose giuste. L'errore è l'occasione per imparare. Eppure noi abbiamo l'idea di non beccare l'errore altrimenti uno è un fallito. C'è un limite, evitare di sbagliare, non fare scelte troppo grandi. Si dice di non illuderci troppo in scelte grandi perché poi possono deluderci. Invece arrivano alcuni uomini che dicono oltrepassiamo questo limite. Vogliamo scoprire cosa c'è oltre”.
Il punto, quindi, è cosa posso scoprire nell'errore, cosa c'è oltre. “Senza la prospettiva di un oltre, soffochiamo. Così come quando noi abbiamo la certezza che attraverso l'errore c'è un giudizio tombale sull'uomo. Il segno di questo oltre ognuno di noi se lo porta scritto addosso. Dentro di noi c'è qualcosa di più grande dei nostri errori. Tutto il problema di questa insistenza sul fallimento deriva dall'incapacità a cogliere il criterio con cui noi decidiamo le scelte che è dentro di noi”.
Alla fine si arriva a parlare inevitabilmente dell'utilizzo del cellulare. Sollevano la questione Lisa e poi Benedetta che ha fatto un sondaggio tra i suoi alunni dove è emerso che i ragazzi stanno anche 7/8 ore al giorno davanti allo schermo. Il tema del cellulare se ne porta dietro almeno altri due come quelli della responsabilità e dell'utilizzo del tempo di cui accenna qualcosa Elisabetta .
Anche in questo caso, Pigi allarga l'orizzonte e riferendosi all'educazione dei figli parla del rapporto tra marito e moglie. “Sperimentare una corrispondenza piena è ogni volta quasi un miracolo. È qualcosa di misterioso. Non hai fatto nulla per meritarti l'altro. In quel rapporto li si impara a rischiare sulla libertà dei figli, se uno non riscopre questa grazia di un rapporto affettivo così stabile cede alla tentazione che la libertà con i figli è una strategia. C'è come il rischio di dire ti do questa regola così ti comporti in un certo modo. La libertà dell'altro non la puoi programmare, è veramente libera quando avviene, è qualcosa su cui rischiare”.
“Questa cosa si impara nel rapporto dove la libertà dell'altro è un dono. Tu non puoi essere la sorgente della sua libertà. Non abbiamo noi i tempi della libertà dell'altro. Dio ha persino creato il tempo perché la libertà dell'uomo venisse fuori. Il tempo è in funzione dell'uomo. Darsi tempo e sorvegliare il tempo per sorprenderci quando quella libertà viene fuori. Non per tuo merito, per una tua strategia. Allora briglie sciolte? No, ma le regole non sono una castrazione della libertà quanto una provocazione a fare venire fuori la libertà”.
Prima dei saluti finali, tocca a Mariella farsi interprete dei sentimenti di tutti: “Noi pensiamo che l'educazione sia cosa fare per l'altro. Stasera Pigi ci ha detto che l'educazione è un problema mio. Io vedo in me e intorno a me che ci complichiamo perché siamo troppo preoccupati di cosa fare per l'altro e poco di ciò che interessa noi”. E qui tornano in mente le parole del prete lombardo che ci ha regalato un pomeriggio ricco di spunti: “L'educazione è la grande occasione della vita per chiederci dove stiamo andando, a cosa teniamo. Cosa comunichi all'altro se non ciò che ti hai provocato con le sue domande? O rendo partecipe l'altro del dramma della vita o scaricherò su di lui la mia frustrazione”.
E' un lavoro che continua ed infatti il San Niccolò propone un'altra grande occasione il prossimo 28 marzo con la presentazione del libro “Amico carissimo” con la presenza di uno degli autori, Pier Paolo Bellini, che racconterà la storia del medico Enzo Piccinini per il quale recentemente si è chiuso il processo diocesano per la beatificazione. In primavera, invece, la riflessione proseguirà in musica con un terzetto composto da Chiara, Lorenzo e Andrea che hanno introdotto l'incontro di ieri con due canti.

