Ilaria torna in missione dopo cinque anni: "Mi sento fortunata”
Non capita tutti i giorni di conoscere una persona che decide di partire per una missione. Ancor di più è raro incontrare qualcuno che utilizzi le sue ferie estive dal lavoro per svolgere questo servizio. Quali sono allora le motivazioni alla base di questa scelta così significativa per la propria esistenza?
Lo abbiamo chiesto a Ilaria Tarrini, una giovane di Firenze, che insieme ai frati minori e alla organizzazione Ewe Mama, si appresta in queste ore a partire per l'Africa, destinazione Uganda.
L'abbiamo contattata a luglio, dandoci appuntamento nella sua parrocchia di origine della Regina della Pace, a Novoli, anche se da qualche tempo Ilaria abita da sola a Campi Bisenzio.
Appena cominciata la chiacchierata, ci siamo resi conto di essere davanti a una ragazza molto determinata e convinta delle sue idee e dei suoi progetti. Ilaria è una infermiera dell'ospedale di Careggi, con il “pallino” della missione. Ne ha già svolta una nel 2019; ora riparte per un mese: un tempo lungo che ha comportato il sacrificare le sue vacanze per utilizzarle a questo scopo.
Una decisione che non ha sorpreso i suoi familiari, in primis il babbo Massimo e la mamma Silvia, e i suoi amici che, anzi, l'hanno aiutata ad organizzare una serata di beneficenza per raccogliere fondi e non solo da portare con sé.
Questa però è una storia che viene da lontano. La prima miccia era stata accesa da un viceparroco proveniente dal Benin che l'aveva invitata nel suo Paese. Ilaria sarebbe voluta partire subito dopo la maturità ma la decisione di intraprendere gli studi infermieristici le impedirono di realizzare il suo progetto. Con la laurea, ecco il volo verso il continente nero dove è rimasta quattro mesi, lavorando in ospedale, in un centro medicale (una specie di guardia medica) e in orfanotrofio.
In questa prima esperienza, ci spiega Ilaria, è nato l'amore verso la missione. “Sono partita da sola e all'inizio è stata molto dura però mi ha dato la possibilità di sperimentare e di immergermi in una realtà culturale completamente diversa dalla nostra. Nello stesso tempo, è stato bellissimo perché sono stata accolta come in famiglia tanto che dopo quattro mesi mi consideravano del posto. Mi sono scontrata con tutte le difficoltà soprattutto linguistiche ma ho potuto riscoprire me stessa. Quello che ho ricevuto è stato molto di più di ciò che ho dato”.
Rientrata a casa, la nostra amica sarebbe voluta subito ripartire ma, invece, sono passati cinque anni con in mezzo l'università, il Covid e il lavoro. Questo tempo però non è trascorso invano perché Ilaria ha avviato una ricerca umana e spirituale con l'obiettivo di fare una missione insieme ad altre persone. Partecipando ad un corso dei francescani, ha trovato un luogo che ha sentito subito casa.
“Mi ha colpito che ci hanno presentato la missione come un andare in un posto non per salvare il mondo ma per donarsi, andare incontro al fratello e creare un'unione, una pace. Che bello! Anche se avevo ricevuto la proposta di partire con grandi organizzazioni umanitarie che mi permettevano di avere uno stipendio, ho deciso fare questa esperienza di servizio gratuito, senza aspettativa al lavoro e mi sento la persona più fortunata del mondo”.
Fortunata ma controcorrente rispetto alla mentalità corrente. “In un mondo razionale come il nostro, una persona come me è considerata anomala avendo un lavoro fisso, una casa, un mutuo. Ma la mia scelta è qualcosa che si capisce soltanto se uno ha chiaro lo scopo. Andare in missione è essere parte della comunità, trovare un dialogo nonostante differenze e costruire una fraternità e una pace che in questo mondo è attualmente abbastanza difficile”. Non è stata però Ilaria a decidere di andare in Uganda. Le è stato proposto e lei ha accettato.
Andrà nel sud del Paese con un'associazione di volontariato che si occupa di bambini disabili lavorando con le persone del posto. Lì troverà un centro di riabilitazione, un orfanotrofio, un punto di raccolta per i giovani a cui viene offerta una possibilità di futuro. “Ho dato totale disponibilità e conto di seguire il percorso post operatorio di alcuni bambini che sono stati operati ad agosto. In più desidero integrarmi nella comunità locale insieme alla fraternità che mi accoglierà”.
Sempre partecipando al corso “Giovani e Missione”, Ilaria è entrata più a fondo nelle due caratteristiche principali del servizio che compirà: “La prima è che siamo in missione sempre. La missione è la mia vita e come io mi pongo davanti a ciò che mi accade. E' molto più difficile qui che dall'altra parte del mondo. La seconda è che ciascuno di noi è in missione in ogni situazione in cui si trova perché lo spirito missionario è nella vita di tutti i giorni con attenzioni e modi di fare di costruire pace anche a casa nostra. La missione mi porta a vivere la mia vita in una maniera più seria e più concreta”.
Ewe Mama è una associazione che ha incarnato totalmente lo spirito di San Francesco d'Assisi. E' stata fondata da una coppia di sposi che da dieci anni vive in Uganda con la comunità locale. Vanno avanti soltanto con offerte e non ricevono sussidi statali. Anche Ilaria sarà ospitata a titolo gratuito, anzi ha raccolto una bella cifra che metterà a loro disposizione. “Il progetto nasce e vive grazie alla bellezza di chi scopre questa realtà e vuole contribuire in maniera totalmente gratuita. Non ci sono muri, si entra in casa del fratello che ha bisogno, abbracci la sua sofferenza. Ci si mette alla pari, si entra in fraternità nella concretezza”.
Non lo abbiamo detto finora ma Ilaria ha 28 anni. E' molto giovane e sentirla parlare in questo modo e sapere cosa andrà a fare e con quale spirito fa accapponare la pelle. “Sono la persona che è stata formata attraverso gli anni, grazie a un percorso spirituale, a una fede che mi accompagna e che veramente c'entra nella mia vita. Sono questa persona ma non da sola, costruita cioè grazie ai valori della mia famiglia, grazie a tutte le esperienze che ho vissuto, grazie al lavoro che ho scelto”.