giovedì 23 aprile 2020
La denuncia del garante: "Le carceri sono una polveriera con una miccia corta"

"Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo". Cita il capitolo 13 della Lettera agli Ebrei quando chiediamo a Samuele Ciambriello, garante per i detenuti della Regione Campania, di affrontare il tema della condizione carceraria in Italia ai tempi del coronavirus. Un'emergenza nell'emergenza visti i numeri di questi due ultimi mesi: 200 contagiati e 2 morti tra gli operatori della Polizia Penitenziaria, 100 contagiati e due deceduti nella popolazione carceraria.

Numeri importanti che sono stati preceduti dalle clamorose proteste di fine febbraio e inizio marzo quando, da Nord a Sud, si è verificata una sommossa senza precedenti contro la decisione del Governo che ha bloccato, per ragioni di sicurezza, i colloqui con le famiglie e i pacchi che arrivavano dall'estero. 'In questo momento - dice Ciambriello - le carceri sono una polveriera con una miccia corta". Un'immagine forte che mette le istituzioni con le spalle al muro.

"Non sono bastati gli appelli del Papa, del presidente della Repubblica, dell'Associazione Nazionale Magistrati, dell'Unione delle Camere Penali, dei Garanti e del mondo del volontariato affinché la politica verificasse ciò che sta succedendo all'interno degli istituti penitenziari". Il giudizio di Ciambriello è fortemente critico: "Stiamo assistendo a una politica cinica e sorda. Molti partiti, anche dell'attuale maggioranza di governo, si sono appiattiti sulle posizioni giustizialiste del Movimento Cinque Stelle". Un giustizialismo che il garante dei detenuti definisce politico e penale, "causa di mancate riforme, del sovraffollamento, dell'abuso della carcerazione preventiva che si protrae per mesi, se non per anni".

La paura del virus non ha portato a risposte adeguate per chi vive dietro le sbarre. Ciambriello parla di farsa quando si riferisce al decreto "Cura Italia" che prevede, ad esempio, l'utilizzo dei braccialetti elettronici; strumenti però che non sono in circolazione. Per non parlare delle distanze di sicurezza all'interno delle carceri che non possono essere assolutamente rispettate nelle celle dove ci sono da 6 a 8 detenuti. C'è poi il problema delle lavanderie visto che il cambio delle biancherie non può essere assicurato dall'esterno. In molte strutture non ci sono neppure le lavatrici per soddisfare le esigenze dei reclusi. Problemi quotidiani acuiti dalla sospensione complessiva delle attività. Niente scuola, niente università, niente corsi di formazione professionale, niente messa.

Guardando al di là della contingenza, però, il garante mette l'accento sul garantismo, terreno da sempre scivoloso in Italia. Invita a consultare il sito errorigiudiziari.com dove ci sono storie e dati impressionanti. Dal 1992 al 2018, si contano ben 27.000 persone finite ingiustamente dietro le sbarre, con lo Stato che ha dovuto sborsare la somma di 75 milioni di euro come indennizzi e risarcimenti. La situazione non accenna a migliorarsi: casi di malagiustizia si ripetono a Catanzaro, Napoli e Roma, solo per citare alcune città. Da queste semplici cifre si comprende che il sistema giustizia in Italia non funziona. "Non deve essere il cittadino a dimostrare la sua innocenza ma sono i carabinieri, la polizia, la magistratura a dover provare la sua colpevolezza - afferma Ciambriello -. Invece si abusa della carcerazione cautelare preventiva, continuando a perseguire il concetto di pena e non di pene come avviene in altre nazioni".

La Chiesa, nota Ciambriello, è diventato un avamposto importante all'interno delle carceri. In questi mesi non sono sfuggiti i passaggi nelle omelie di Papa Francesco a Santa Marta o le riflessioni dei detenuti di Padova per la Via Crucis del Venerdì Santo in Piazza San Pietro. Così come sono stati importanti gli appelli di cardinali e vescovi in tante diocesi d'Italia. Prese di posizione che hanno l'obiettivo di comunicare un'ideale. "La vera giustizia è quella che aiuta a ripartire. Non è una logica buonista ma le pene devono servire a rieducare il condannato altrimenti la prigione è un fallimento". Sempre con lo sguardo rivolto al Pontefice, il garante ci tiene a sottolineare un altro concetto che è racchiuso nella Lettera agli Ebrei citata al principio del suo ragionamento: "Non possiamo fare finta di non vedere che ci sono dei reclusi dimenticati che sono esclusi. I politici devono sempre perseguire il bene generale perché il virus peggiore è quello dell'egoismo indifferente. In questo momento, invece, l'obiettivo della politica è quello di nascondere la polvere sotto il tappeto".

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