Il sogno di Battaglia: “Una Chiesa discepola della fragilità”
“Mi sento di entrare in questa Chiesa chiedendo permesso”. È racchiuso in queste poche parole lo stile umano e pastorale di mons. Domenico Battaglia che si è insediato ieri sulla cattedra di Sant’Aspreno, a capo dell’Arcidiocesi di Napoli. Una giornata storica e sobria allo stesso tempo, che ha richiamato l'interesse e l'attenzione del mondo ecclesiale e non solo. La nomina di don Mimmo, così come lui stesso preferisce essere chiamato, era stata preannunciata da un lungo e fastidioso tam tam ma quando è stata ufficializzata il 12 dicembre scorso, ha comunque sollevato molta curiosità e aspettativa visto che Papa Francesco aveva individuato il successore del cardinale Crescenzio Sepe in un vescovo giovane, da tutti considerato “prete di strada” e molto vicino al mondo di don Luigi Ciotti e di Libera.
In effetti il neo pastore partenopeo ha un profilo di grande attenzione alle periferie esistenziali, come le chiama il Pontefice, e di lui dicono un gran bene in Calabria, la sua terra natale, e nella sua prima Diocesi di Cerreto, Telese, Sant'Agata. L'arrivo a Napoli, si può dire che non ha deluso le aspettative. I suoi primi passi sono stati tutti improntati a ribadire la volontà di camminare insieme alle persone, di guardare in faccia la realtà, di portare la Chiesa nei quartieri e nei vicoli della città, nella quale molto spesso convivono grandi eccellenze e diffuse povertà. Non c’è nessun programma pastorale predefinito ma Battaglia ha ben chiaro ciò che ha da chiedere alla sua nuova comunità ossia la conversione dello sguardo perché “la salvezza non è fuori dalla storia”.
La salvezza, quindi, si realizza nella concretezza dell'esistenza e nell'incontro con i volti e le storie della gente. Anche per questo motivo, per l’ingresso del nuovo vescovo, è stata scelta la data del 2 febbraio che per il calendario romano coincide con la Presentazione di Gesù al Tempio e per la tradizione popolare con la Candelora che don Mimmo ha definito la festa dell’incontro. “Il Signore ci viene incontro con tenerezza. È la sua gioia che ci precede. Dio entra nella storia dell’uomo, degli emarginati. Davanti a lui nessuno è perfetto. Lasciamoci incontrare dalla sua misericordia”.
Per la Chiesa di Napoli, quindi, la giornata di ieri ha segnato un nuovo inizio: “Dio visita il suo popolo nella vita delle persone che lo accolgono e lo riconoscono in coloro che gridano giustizia”. Un sguardo e un atteggiamento rinnovati perché il presule sogna “una Chiesa compagna di viaggio, dove non si insegue il carrierismo, Una Chiesa che si spoglia dai legami con ogni forma di potere. Una Chiesa che è credibile soltanto quando esce dalle sagrestie, con le porte aperte a tutti; una Chiesa povera che non ha paura di affrontare le strettoie, una Chiesa discepola delle fragilità”.
Proprio i fragili e gli emarginati sono stati al centro della giornata di don Mimmo che di buon mattino, dopo aver visitato e pregato con le monache di clausura Sacramentine per affidare a Dio il suo ministero e la sua nuova diocesi, ha incontrato la famiglia di Franco Della Corte, il vigilante ucciso mesi fa, che ha voluto trasformare uno spazio vicino alla stazione della metro di Piscinola il un parco giochi. A Camaldoli, invece, il vescovo ha parlato con una ragazza nigeriana sfruttata, violentata e affetta dall’AIDS. Spazio anche agli operai della Whirlpool con la visita a una famiglia in difficoltà di un operaio che ha perso il lavoro e ai bambini dell’associazione “Figli in famiglia” di San Giovanni a Teduccio. Don Mimmo ha poi pranzato al Binario della Solidarietà, una realtà della Caritas che si occupa dei senza fissa dimora, a cui è seguito un momento privato di raccoglimento nel santuario del Carmine Maggiore.
Momento clou è stato infine la celebrazione all’interno del Duomo di Napoli nella quale è avvenuto l’insediamento canonico al quale purtroppo non ha potuto presenziare il predecessore Sepe ancora convalescente dopo aver contratto il Covid e al quale Battaglia ha reso omaggio alla vigilia della sua presa di possesso. Presenti in cattedrale i vescovi della Campania, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e i ministri Enzo Amendola e Gaetano Manfredi che però hanno dovuto cedere la prima fila ai proprio ai fragili e ai dimenticati che don Mimmo aveva incontrato in mattinata.
Secondo molti osservatori, il nuovo episcopato non prevede rivoluzioni, ne stravolgimenti. Ci sarà piuttosto un rinnovamento nella continuità anche se alcuni elementi lasciano presagire alcune novità. A iniziare dalla nomina del suo segretario particolare che non sarà un sacerdote napoletano ma il sannita don Antonio Macolino che lascerà la parrocchia di Bucciano per assumere il nuovo e delicato incarico. Altra novità riguarda il fatto che per la prima volta l'arcivescovo di Napoli non sarà il presidente della Conferenza Episcopale Campana, ruolo che è stato da poco assunto da mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, che succede a Sepe, dominus incontrastato per un decennio. A Largo Donnaregina, inoltre, a differenza di quanto era sempre accaduto, l'inquilino non sarà un cardinale ma un semplice vescovo. Nessuna promozione in vista per Battaglia almeno fino al compimento degli 80 anni del suo predecessore, quando cioè non potrà più essere un elettore al Conclave. Infine, i curriculum di Sepe e Battaglia non possono che essere i più diversi: da un lato abbiamo un diplomatico ed esponente di punta della Curia Romana, con incarichi prestigiosi quali delegato pontificio per il Giubileo del 2000 e prefetto della Congregazione Propaganda Fide; dall'altra c'è un prete vissuto nella difficile terra calabra, a stretto contatto con le realtà di cura per tossicodipendenti, che ha il suo modello in don Tonino Bello, non a caso citato nella sua omelia in Duomo.
Non sarà una rivoluzione ma poco ci manca. Per la Chiesa di Napoli una nuova primavera è alle porte.