giovedì 23 aprile 2020
Medico pensionato: "Vi racconto il mio lavoro in un reparto Covid"

"Primo giorno di lavoro da pensionato in un reparto Covid". Il post che campeggia sulla bacheca Facebook di Egidio Cavalluzzo è datato 9 aprile ed è arricchito da una foto nella quale appare insieme ad un collega. Si trova in una stanza d'ospedale ma non lo si riconosce perché ha addosso tutti i dispositivi di protezione dati in dotazione agli operatori sanitari che stanno lottando contro il coronavirus. Un'immagine che parla da sola e che ha ricevuto più di 700 tra like e commenti.

Cavaluzzo non è un dottore qualunque in questa emergenza sanitaria. Dal 1° gennaio 2019, infatti, è in pensione dopo quarant'anni di servizio, coronati con la promozione a dirigente dell'Azienda ospedaliera Rummo di Benevento e responsabile della camera iperbarica. Il coronavirus lo ha fatto tornare in prima linea, nonostante lo scetticismo della sua famiglia. Due volte a settimana, il medico originario di Pietrelcina, il paese che diede i natali a San Pio, si reca a Baiano, in provincia di Avellino, dove presta servizio presso Villa Maria che è stato trasformato in centro Covid.

Qui sono attualmente ricoverati 15 pazienti positivi (il massimo dei posti letto è 18). Si tratta di persone che vengono dimesse dagli ospedali della regione Campania e che devono osservare un periodo di isolamento. Dopo 14 giorni effettuano il tampone, se risultano negativi una prima e una seconda volta vanno a casa, altrimenti continuano la degenza. Stiamo parlando, quindi, di pazienti che hanno superato la fase acuta della malattia e si avviano progressivamente verso la guarigione.

E' di loro che Cavalluzzo si prende cura. Durante il suo turno li visita, anche perché spesso presentano patologie pregresse, fa ripetere una serie di indagini che sono importanti per verificare l'evoluzione del virus, e parla con i ricoverati. "E' una situazione molto pesante - racconta -. Si tratta di persone sole tutto il giorno che ricevono i pasti dinanzi alla porta della loro camera e che preferiscono non vedere la televisione dove l'argomento è sempre lo stesso".

Il dottore sannita, che è un anestesista con una lunga esperienza nelle terapie intensive, cerca di dare una mano pur consapevole che 'il virus ha messo in discussione anche la nostra professione. Con tutte le protezioni che abbiamo addosso è difficile anche visitare un paziente". Un'amara constatazione che, però, non è paura di contrarre la malattia: "Abbiamo tutti i presidi di protezione individuale. Ogni giorno, prima di entrare in corsia, impiego 20 minuti per vestirmi. D'altronde è il mio lavoro; le precauzioni le ho sempre prese".

Sarà per il suo impegno sindacale e politico, ma parlando al telefono con Cavalluzzo si ha come l'impressione che a lui interessino più le persone che la gestione dell'emergenza sanitaria. Ci racconta le storie dei ricoverati come quella di una giovane donna, risultata positiva al virus, che ha partorito quindici giorni fa. Anche il marito è malato e si trova ancora in ospedale mentre il bambino, nato sano, è a casa con i suoceri. C'è poi l'uomo di 80 anni con due telefonini che lo aiutano ad essere in contatto con la sua famiglia e con il mondo. Ma il problema più grave è la solitudine di queste persone.

Ovviamente nelle sue preoccupazioni c?è poi l'aspetto sanitario a cui il medico non intende venire meno: "Il ruolo dei centri Covid è molto importante perché aiutano a smaltire la pressione sugli ospedali. Il vero dramma di questa emergenza, però, è che si sono creati malati di serie A e di serie B. L'attenzione sul coronavirus ha comportato il passaggio in secondo piano di tutte le altre patologie, alcune delle quali molto gravi, di cui al momento nessuno è in grado di occuparsi. Speriamo che al più presto la situazione si stabilizzi e si rientri nei ranghi".

Cavalluzzo era stato contattato anche dai suoi ex colleghi del Rummo di Benevento dove è stato lanciato un bando alla ricerca di medici volontari ma ha scelto Villa Maria di cui era proprietario insieme al cognato, Carmine Sommese, sindaco di Saviano e anch'egli medico, morto nei giorni scorsi proprio per aver contratto il coronavirus. Storie e volti che si intrecciano e che ci aiutano a comprendere la grandezza di chi mette in gioco se stesso per gli altri. Non a chiacchiere ma a concretamente.

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