Un'onda di bene: una cesta natalizia per gli alluvionati romagnoli
“Non ho bisogno di vedere / per ricordare l’essenza della felicità / che l’acqua non trascina via / che il fango non copre. / Il fiume fa il fiume / il cuore il suo mestiere”.
I versi di Gianni Parmiani ci aiutano a fare memoria dell'alluvione che nel maggio scorso ha colpito la Romagna. Un evento drammatico nel quale però tanti hanno sperimentato una inattesa e straordinaria onda di bene. Si sono rotti gli argini dei fiumi e, subito dopo, quelli dell'estraneità e dell'indifferenza. “Tutti aiutavano tutti”, è il ricordo rimasto nella mente di quanti in quelle settimane hanno raggiunto i luoghi della sciagura.
I sorrisi, gli abbracci, l’aiuto materiale di vicini di casa, di giovani e adulti, persone sconosciute magari venute da lontano, hanno salvato dalla disperazione quanti avevano visto le loro case invase e devastate dall’acqua e dal fango. Gli uni e gli altri hanno scoperto che il bene fa bene fino a sentirne, nelle settimane successive, la mancanza.
Tanti adesso sono alle prese con le conseguenze materiali e morali dell’alluvione e rischiano di essere soli e di sentirsi abbandonati. Il progetto “Romagna. Un’onda di bene” è stato pensato da un imprenditore emiliano dopo aver ascoltato don Leo, parroco a Lugo, raccontare ciò che è accaduto nella sua città. Mettendo a frutto il proprio lavoro ha ideato una confezione natalizia con prodotti di aziende colpite dall’alluvione. Tale iniziativa è mossa da un desiderio profondo: tenere viva e dilatare quell’onda di bene di cui tutti abbiamo bisogno ogni giorno: in famiglia, sul lavoro, nei rapporti sociali.
Il progetto è stato presentato martedì scorso presso il ristorante “L'accento” Villa Motta di Cavezzo. Erano presenti i sindaci dei Comuni dell'area nord di Modena, il parroco di Lugo don Leonardo Poli, il direttore di Itaca Eugenio Dal Pane, Claudio Mita di Casa Novella e l'imprenditore Paolo Sacchi del ristorante Da Paolo.
Cosa sarebbero le nostre case e le nostre città se l’umanità venuta a galla in quei giorni diventasse quotidiana? Ma è possibile? Da queste domande è maturata la scelta di destinare il ricavato del “pacco natalizio” a Casa Novella, un’opera di accoglienza sorta trent’anni fa a Castel Bolognese. Essa trae il nome dalla fondatrice, prematuramente scomparsa, una casalinga che a 28 anni, a seguito di una “alluvione privata” — l’espressione è del cardinal Matteo Zuppi — si era ritrovata senza voglia di vivere, convinta che la vita fosse “una grande fregatura”.
Un incontro imprevisto in un campeggio con una coppia di giovani sposi la fece sentire accolta e amata. Sorse in lei il desiderio di restituire ad altri quell’amore che l’aveva liberata "dalla solitudine e dell’angoscia" fino a edificare assieme al marito, con la pazienza del tempo e il sostegno di tanti amici, un’opera per bambini e ragazze madri.
La casa e altre strutture sorte negli anni, dove sono accolte circa 150 persone e ve ne lavorano oltre 40, non è stata risparmiata dall’alluvione. I danni complessivi superano i cinquecentomila euro. Di opere così c’è bisogno per alimentare la certezza che il bene c’è ed è più forte del male. La casa documenta la carità che diventa opera, cioè permane, dà forma alla quotidianità del vivere, e testimonia una strada che ciascuno dentro la propria condizione può percorrere.
La struttura che sorse “non con il tanto di pochi, ma con il poco di tanti”, come disse Novella nel giorno dell’inaugurazione, anche oggi potrà essere riparata con il “poco di tanti”. Il valore della cesta è di 100 euro. In realtà vale molto di più. Chi la riceverà in dono, troverà non solo ottimi prodotti da gustare, ma una storia di bene, che vive nel presente ed è seme di una vita migliore per tutti.
La “strenna natalizia”, infatti, contiene anche il libro “Fatti accaduti in Romagna. Nel dramma dell'alluvione la sorpresa di un'onda di bene” edito da Itaca. Il volume è nato dal desiderio di custodire l’esperienza di quei giorni attraverso le voci di chi li ha vissuti. Il frutto è un racconto corale, popolare e sinfonico, dove i temi ritornano, con sfumature e accenti diversi, si rincorrono e si approfondiscono, restituendoci dal vivo il dramma: l’isolamento dovuto alle frane, le città, le case e i campi invasi dall’acqua e dal fango, l’odore insopportabile dell’acqua stagnante per giorni e giorni, la paura, la disperazione, la rabbia, il dolore per ciò che si è perduto…
Se la forza devastatrice dell’acqua è stata oltre ogni previsione e immaginazione, essa non è risultata, però, l’unica protagonista. Immediatamente è sgorgata dal cuore di tante persone un’onda di bene, desiderabile anche nella normalità del vivere.
Tanti hanno riscoperto il valore di essere comunità, trovando nei loro sacerdoti e nel popolo cristiano una realtà vicina, che si è sporcata le mani per rispondere alle necessità delle persone e delle famiglie fino ad abbracciarne la domanda di senso che ogni dramma porta con sé e il desiderio che la vita buona intravista possa essere seme di una vita migliore.
Il testo raccoglie più di 60 contributi, fra cui quello del vescovo di Imola, dei sindaci di Lugo, Castel Bolognese, Conselice, l’assemblea con il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione Davide Prosperi a Lugo e l’incontro con il cardinale Zuppi a Castel Bolognese.