"Senza educatori non si può vivere e crescere". Parola di Cattarina
Non basta soltanto una buona organizzazione per avviare bene un nuovo anno scolastico. E' importante anche ridirsi le ragioni per le quali si sta insieme e si fa il lavoro più bello del mondo.
E' con questa intenzione che, nei giorni scorsi, la rete Scuole per crescere e la Fism Toscana hanno organizzato un incontro con Silvio Catterina, sociologo e psicologo, che da tanti anni guida una comunità di recupero a Pesaro con la sua cooperativa “L'imprevisto”. Una realtà importante nel panorama nazionale, perché offre una particolare attenzione al tema educativo e alla formazione e all'inserimento lavorativo dei ragazzi che vengono seguiti dopo essere stati affidati loro dalle famiglie.
La testimonianza di Silvio è stata presentata a tutte le persone che lavorano nelle scuole della rete come insegnanti, educatori e personale amministrativo ma anche a tutti coloro che, a vario titolo, sono inseriti nel mondo della scuola statale. Al centro dell'appuntamento, è stato posto il tema dell'emergenza educativa e del valore legato al difficile ma straordinario compito di educare.
“I figli non imparano nulla da ciò che dici, molto poco da ciò che fai, tutto dalle ragioni per cui dai la vita. Ecco, noi stiamo cercando di farvi vedere le ragioni per quali veniamo a scuola dando un po' della nostra vita”. C'era questa scritta sul palco ad accogliere chi è entrato nel teatro Aurora di Scandicci. E' una frase presa da un appunto di don Antonio Villa, il sacerdote lombardo mandato in Friuli da don Luigi Giussani a seguito del terremoto del 1976.
Una figura molto interessante perché in quell'anno questo prete radunò duecento bambini, dalla scuola materna alle medie, che ogni giorno si incontravano per giocare, studiare e mangiare insieme. Già nel settembre dello stesso anno, nacque una cooperativa per gestire una nuova scuola in locali di fortuna che, poco dopo, venne riconosciuta come istituto paritario. La scuole di don Villa è tutt'ora aperta ed è un segno di speranza e di rinascita.
Partendo da questa esperienza, Leonardo Alessi, che di Scuole per crescere è il responsabile, ha sottolineato che “se qualcuno pensa di svolgere la propria missione educativa attraverso parole, regole o le attività non ha capito a che punto è il mondo. Solo un adulto che ha scoperto un bene presente, si sente grato e chiamato a dare un pezzo della propria vita”.
Per presentare l'ospite del pomeriggio, Leonardo ha utilizzato la definizione che ne ha dato Franco Nembrini nella prefazione scritta ad uno dei tanti testi di Cattarina. “Silvio è capace di cogliere nell'urlo dei ragazzi il grido del loro cuore. Per lui è naturale e immediato, non l'esito di un lavoro. Siamo qui per imparare che l'urlo dei fragili è una richiesta di bene, è un urlo che chiede un bene. Bisogna essere capaci di accogliere questa domanda. Le nostre scuole vogliono proporre un positivo e accogliere la fragilità”.
Fragilità che va a braccetto con lo smarrimento e la paura. Sentimenti che oggi dominano sia i ragazzi che gli adulti, ossia entrambi i soggetti del fenomeno educativo. A tal proposito, Silvio ha sottolineato che la questione educativa è cruciale anche se non è riconosciuta all'interno della società. “Senza educatori non si può vivere, non si può crescere, non si può essere se stessi. Lavorare nella scuola è la vocazione più significativa. È un mestiere difficile per tanti motivi ma questa coscienza dà forza e speranza”.
Ma chi è il ragazzo? “Uno che ha sempre fame e sete dell'adulto”. E l'adulto? “E' la coscienza del suo essere, del suo valore. Si può essere fragili ma non insicuri. È dura ma non possiamo essere incerti sulla bontà, sulla bellezza della vita”. Ancora: “Il grande valore di ogni adulto è ciò che porta, ciò di cui è segno. E' colui che ha coscienza di ciò che porta. Il problema non è quello che sa dire o fare ma l'essere”.
E' a questo punto che Silvio ha chiamato in causa direttamente chi lavora nella scuola. “La figura dell'insegnante si erge, si propone, si impone e nel cuore dei ragazzi si apre un varco. Gli insegnanti sono figure genitoriali. Riusciamo a fare bene questo lavoro avvincente e faticoso se ogni giorno il nostro cuore si spacca, cioè impara dal rapporto con loro. Che il nostro cuore diventi sempre più capace di incontrare quello di ogni ragazzo pieno di una grande attesa”.
Una sfida avvincente che però deve fare i conti con un contesto difficile. Oggi la scuola ha mille problemi: economici, organizzativi, logistici e poi i rapporti con le famiglie, il contesto sociale e territoriale, le nuove povertà, l'integrazione degli stranieri... Allora perché vale ancora la pena continuare a fare questo lavoro?
Secondo Silvio, “il posto più bello è dove sono oggi altrimenti siamo degli eterni sognatori. Siamo chiamati a testimoniare a tutti una strada. È un tempo di grande profezia proprio perché è di grande sofferenza e smarrimento. La scuola è l'unico baluardo rimasto. Nel rapporto con i ragazzi capiremo come andare avanti. La vita vincerà sempre, Dio non verrà mai meno. Ci è chiesto di lavorare il doppio e lo capiamo solo se ascoltiamo il nostro cuore”.
Rimanendo sulle problematiche attuali, Leonardo ha evidenziato che una delle fatiche più grandi è il rapporto con le famiglie. C'è sfiducia, c'è conflittualità, insieme anche a tanta gratitudine. L'obiettivo però è quello di arrivare a tutti, di coinvolgere tutti in questa missione educativa perché la famiglia è una questione decisiva per la crescita armonica della persona.
Da questo punto di vista, Catterina non ha gettato la croce addosso agli adulti perché a volte dietro l'ostilità o la sfiducia nei confronti della scuola c'è altro. “I genitori vogliono soltanto capire perché sono insicuri. La scuola è chiamata a grandi cambiamenti perché i più bisognosi sono gli adulti che hanno perso l'orientamento. Bisogna volergli bene altrimenti questa alleanza scuola - famiglia non la ripristiniamo più. Bisogna inventare delle cose. Hanno paura di essere giudicati. Se li giudicate scappano via”.
Infine, c'è un tema tutto interno alla scuola e riguarda i rapporti tra insegnanti che non sempre vanno nella giusta direzione. Leonardo ha osservato giustamente l'assenza di unità nel corpo docenti, nonostante questa sarebbe decisiva per rispondere al bisogno di chi si rivolge alla scuola. Mancanza di unità significa indisponibilità ad accettare la correzione reciproca e a dare e ricevere il perdono.
Su questo Silvio è stato molto chiaro: “Riesco a perdonare se vedo nell'altro un dono. Anche la correzione è un dono perché offre la grande possibilità di fare un passo in avanti. Per essere uniti ci vuole una grande umiltà. Lavorare insieme è una mortificazione per un di più. Lascio spazio anche a te così cresco di più”.