La mostra “Minerali di sangue” rompe il silenzio sull'Africa
La mostra “Minerali di Sangue”, risalente al 2017, è tornata potentemente d'attualità in queste settimane non solo perché è stata ospitata nel chiostro di San Salvi ma soprattutto per le notizie allarmanti giunte dall'Africa ed in particolare dal Congo.
Lo scorso 19 maggio, infatti, si è consumato un tentativo di colpo di Stato nella capitale di Kinshasa da parte di un gruppo di circa 50 uomini armati che ha dato l'assalto alle abitazioni di alcune autorità e fatto irruzione nel palazzo presidenziale.
Il blitz, neutralizzato dalle forze di sicurezza, si è chiuso con un bilancio di sei vittime e decine di arresti ed ha fatto emergere dubbi sulle falle nella sicurezza e il grado di reattività delle forze congolesi.
A ciò si aggiunga, come ha notato Il Sole 24 Ore, che la Repubblica democratica del Congo è sospesa da mesi sull'orlo di un conflitto con i vicini di casa del Ruanda per gli scontri fra esercito regolare e le milizie M23.
In questo contesto, già precario e fragile, padre Giulio Albanese ha denunciato su Avvenire che 14 cristiani, molti dei quali giovanissimi, sono stati uccisi in una zona della provincia del Nord Kivu da un gruppo armato fondamentalista per il loro aperto rifiuto di convertirsi all'Islam.
C'è n'è abbastanza quindi per aprire gli occhi su una realtà che molto spesso viene censurata e ignorata dai media occidentali. A squarciare il velo del silenzio c'è stato il gruppo missionario “don Paolo Bargigia” della Parrocchia di San Donato a Livizzano e Santa Maria a Pulica che, in tempi non sospetti, ha pensato e allestito una mostra.
I pannelli sono stati ospitati a Firenze nel mese di maggio destando molto interesse e partecipazione da parte del pubblico tanto è vero che gli organizzatori, capeggiati dal parroco don Pierfrancesco Amati, hanno deciso di prorogarla per una settimana.
Sappiamo quali materiali preziosi contengono i nostri (straordinari) strumenti tecnologici? E da dove provengono? E cosa c'è dietro la loro estrazione e il loro commercio? Sappiamo quante vite e quanto sangue costano? Sono queste le domande a cui la mostra tenta in maniera efficace di dare una risposta.
L'obiettivo fondamentale è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle problematiche che coinvolgono l'ex Zaire, nell'estrazione clandestina dei minerali utilizzati nella fabbricazione degli smartphones e di tanti altri strumenti di tecnologia avanzata.
Non stiamo parlando di una questione così lontana da noi. Ormai tutti siamo in possesso di telefonini, tablet, computer che sono composti da preziosi e rari minerali, ormai macchiati di sangue. In che senso?
Tra tutte le informazioni che la mostra ci fornisce la più preziosa e la più impressionante è quella del costo umano di questo business: milioni di morti e di sfollati, milioni di poveri, guerra e violenza, nessuna sicurezza, lavoro minorile. Pensate che l'Unicef ha stimato che nel comparto minerario del Congo lavoravano fino al 2014 circa 40.000 fra bambini e bambini, fino ai 7/8 anni.
Ci sono poi i danni che l'industria estrattiva e il commercio dei minerali provocano in Africa: danni ambientali, danni alla salute oltre alle gravi tensioni politiche, economiche e sociali che spesso sfociano in rivolte e guerre.
Ovviamente la soluzione non è privarsi dei supporti tecnologici e la mostra non invita a questo. Al centro c'è invece la presa di coscienza da parte di tante persone, soprattutto dei giovani e dei ragazzi, su quello che c'è dietro a questi mezzi, sensibilizzandoli a chiedere giustizia, pace e fraternità per i Paesi del Sud del mondo.
Un'urgenza che non riguarda solo il Congo o l'Africa ma tutto il pianeta che è alle prese con una crisi spaventosa alimentata da guerre ancora in corso e senza via di uscita. Perciò è bene che la mostra si sia messa nuovamente in movimento visitando parrocchie e comunità cristiane.
Significativa la piccola storia finale del colibrì che, mentre la foresta sta bruciando e tutti gli animali stanno a guardare senza fare niente, prende da un laghetto una goccia d'acqua e la getta tra le fiamme, ed a tutti coloro che lo deridono e gli domandano: “Che cosa credi di fare?” risponde “Io faccio la mia parte”.
Ecco ciascuno può fare la propria parte come il colibrì. Lo ha detto anche Papa Francesco che nel 2017 aveva indetto una giornata di digiuno e di preghiera proprio per il Congo e il Sudan, martoriati da guerre civili e sfruttamenti del territorio e della popolazione. Non può quindi non risuonare il grido di questi popoli in noi che viviamo una vita comoda sulle spalle di chi è tenuto in condizioni di asservimento.
Non è retorica ma presa di consapevolezza di un saccheggio di risorse naturali, di una disumanizzazione e di un impoverimento che hanno un responsabile preciso: gli sfruttatori di minerali di questa terra africana.
Grazie alla mostra, allora, nessuno può più ignorare il fatto che i minerali sono scavati in condizioni spaventose, estratti da miniere sotterranee, abusive e commerciati da circuiti paralleli a quelli ufficiali. Le principali marche di telefonia si disinteressano del problema e fino a quando la mania del cellulare ultimo modello andrà avanti questa attività clandestina non cesserà.
E' giunto il momento di rompere il silenzio.