“Il mio viaggio nel dramma dei migranti della rotta balcanica”
Pietro Bartolo non ha bisogno di presentazioni. E' conosciuto come il medico di Lampedusa, colui che in trent'anni di professione ha accolto, soccorso e visitato oltre trecentomila migranti arrivati sulle coste dell'isola più vicina all'Africa. Ha dismesso i panni di ostetrico per occuparsi a tempo pieno del dramma dei naufraghi, prime vittime di quella che Papa Francesco ha definito la società dello scarto. Negli ultimi anni Bartolo è diventato scrittore di libri, ha girato l'Italia per incontrare i giovani nelle scuole e nelle università e ha recitato in un film Rai accanto a Sergio Castellitto con il solo obiettivo di far conoscere la sua storia e quella dei più deboli della Terra a quante più persone possibili. Da poco meno di due anni è europarlamentare, eletto da indipendente nelle liste del Partito Democratico, per portare la sua battaglia all'interno delle istituzioni di Bruxelles. Il suo nome è apparso in questi giorni sui giornali italiani per la recente ispezione che ha effettuato insieme ad altri suoi colleghi al confine tra la Croazia e la Bosnia, nel campo profughi di Lipa, dove si sta consumando l'ultimo dramma umanitario alle frontiere dell'Europa.
La scorsa settimana, invitato dal sindaco Dario Nardella, Bartolo è intervenuto in una seduta del Consiglio Comunale di Firenze dove ha raccontato la sua testimonianza e il suo impegno, seppur tra le proteste, francamente inaccettabili e inconcepibili, del gruppo consiliare della Lega Nord che ha addirittura disertato la riunione. Negli stessi giorni, il medico lampedusano è stato anche ospite della Caritas diocesana del capoluogo toscano per un incontro online sul tema “Se cresce la solidarietà e l'accoglienza... cresce l'uomo”. Un utile momento di riflessione e di discussione sui temi della migrazione e dell'accoglienza purtroppo oscurati dall'emergenza pandemica che l'Europa e il mondo intero stanno fronteggiando.
“Non chiamatemi onorevole, per favore”, ha esordito Bartolo che è noto per i suoi modi spicci e diretti con i quali si rivolge ai suoi interlocutori. Nel suo intervento ha subito voluto raccontare ciò che ha visto nella sua ultima missione. “A Lipa ci siamo trovati dinanzi a quello che ho definito un non luogo. Il campo profughi si trova su un altopiano che si raggiunge attraverso una strada improbabile. Arrivati sul posto, abbiamo assistito ad una scena che ci ha sconvolti: tende sotto la neve, delimitate dal filo spinato, persone in fila che si muovevano lentamente, senza scarpe, con una coperta sulle spalle. Gli veniva dato un pezzo di pane e una scatoletta per sfamarli”. L'europarlamentare ha avuto l'occasione di parlare con tanti di loro: “Un giovane pachistano, in particolare, si è avvicinato e mi ha detto che ha tentato 70 volte di superare la frontiera per andare in Germania dove si trova la fidanzata ma è stato sempre bloccato dalla polizia. Tutto questo è disumano, bisogna trovare una soluzione”.
Le responsabilità della situazione attuale sono anche dell'Europa a suo avviso. “Non è possibile lavarsi la coscienza dando 80 milioni di euro alla Bosnia. Sono sicuramente finanziamenti importanti anche se di questi soldi poco è stato speso per questi migranti e comunque non è così che si risolve il problema. Gli Stati membri non possono lavarsi le mani, rinforzando i confini, esternalizzando le frontiere da un nemico che non esiste perché stiamo parlando di disgraziati senza alternative”. Bartolo ha poi lodato l'impegno delle associazioni di volontariato, a partire da Caritas e Croce Rossa, ma ha fatto anche intendere che bisogna invertire la tendenza. “La migrazione è un fatto strutturale, non emergenziale. Va governato e non contrastato. L'Europa non deve chiudersi in una fortezza impenetrabile. La soluzione è il ricollocamento automatico obbligatorio su tutti gli Stati membri. Il Parlamento Europeo lo ha già approvato nella scorsa legislatura ma la proposta si è bloccata al tavolo del Consiglio dove ci sono Paesi che hanno posto il veto. Il nuovo Patto, purtroppo, è basato sulla logica dei rimpatri che è come mettere nuovi muri”.
Non basta però il lavoro nelle istituzioni, ha fatto intendere il medico, perché l'altra sfida aperta è quella a livello culturale. “Il nostro impegno si basa sui valori della solidarietà, dell'accoglienza e del rispetto degli esseri umani. Purtroppo ci sono tante persone prigioniere dell'egoismo e della paura a causa di una narrazione sbagliata. A loro vorrei far capire che non sono un eroe, sono stato spinto ad aiutare i migranti in maniera naturale. Aiutare le persone non è un atto eroico. Ho soltanto fatto il mio dovere di uomo e di medico. Quando ti trovi dinanzi ai gommoni in mare, con uomini e donne in pericolo di vita non puoi considerarli dei numeri. Sono essere umani come noi”.
Perché allora il Mediterraneo è diventato un cimitero negli ultimi anni? “Io spero che questa tragedia smetta al più presto”, ha risposto Bartolo, “ma in questo momento non possiamo voltarci dall'altra parte. Coloro che nei salotti televisivi parlano di clandestini non sanno di cosa parlano, non hanno mai guardato negli occhi queste persone. Non sono nemici, non sono mostri, non sono alieni. Per questo motivo ho sentito l'urgenza di impegnarmi in politica. Al Parlamento Europeo cerco di fare alleanze per risolvere questo problema, scuotere l'Europa che ultimamente si sta svegliando anche grazie alla pandemia”.
Proprio facendo riferimento alla crisi sanitaria in corso, era intervenuto Claudio Cricelli nella veste di presidente della Società Italiana di Medicina Generale. “Per la prima volta in tutto il mondo le persone condividono il medesimo rischio. Dinanzi a un pericolo come il virus siamo tutti uguali. Perciò bisogna riconsiderare quando si creano fratture fondate su elementi assolutamente estranei alla natura dell'uomo che ha trasformato i deboli, gli svantaggiati, gli sfortunati in esseri inferiori. Il Covid, quindi, è un'esperienza di democrazia dello spirito perché ci obbliga a ripensare a noi stessi. Non è una considerazione banale se pensiamo ad esempio a quanto accade sulla distribuzione dei vaccini dove ancora una volta ricompaiono le solite differenze”.
Claudio Vanni, dirigente di Unicoop e membro della fondazione “Il Cuore si scioglie”, ha invece proposto un parallelo storico. “Se pensiamo a ciò che è accaduto in Europa con l'Olocausto e lo confrontiamo con ciò che avviene oggi sulla rotta balcanica possiamo dire che a volte la storia si ripete in maniera sciagurata. Purtroppo ancora una volta la difesa dei diritti delle persone è messa a dura prova anche se dobbiamo ammettere che l'Europa si sta lentamente aprendo all'accoglienza”.
All'incontro erano presenti anche il direttore di Caritas Firenze Riccardo Bonechi e il suo vice don Fabio Marella il quale ha elogiato Bartolo e Vanni per il loro impegno a favore dell'essere umano e della solidarietà.