Con lo Sguardo di Filippo: Anna e Antonio testimoni di una grazia
Il 30 ottobre 2024 è una data segnata in rosso sul calendario di Anna e Antonio. In questo giorno, infatti, cadono due importanti anniversari della loro storia di sposi e genitori. Uno è la salita al Cielo del loro unico figlio Filippo nel 2013; l'altro è la nascita l'anno successivo dell'associazione che porta il nome di questo giovane fiorentino.
Proprio in vista del decennale, ci siamo attivati per conoscere Anna e Antonio. Ce ne aveva parlato un'amica in comune, Alessandra, che è anche un pilastro dell'associazione, e sempre grazie a lei ci siamo visti in un tardo pomeriggio di settembre, nei locali della parrocchia Regina della Pace, a Novoli, che loro frequentano e dove svolgono le attività associative.
Preparandoci al nostro appuntamento, avevamo immaginato che ci saremmo trovati davanti due genitori piegati dal dolore e dalla sofferenza, rassegnati per la perdita prematura del figlio. Invece, appena ci siamo presentati e abbiamo iniziato a parlare, abbiamo subito capito di stare di fronte a persone liete, grate e certe. Non che non sentano la mancanza di Filippo ma il suo sguardo è una bussola per la loro vita e non solo per la loro, visto la storia di questo ragazzo parla a tante persone, soprattutto ai giovani.
Forse per superare il nostro imbarazzo, Anna inizia a parlare della loro storia dicendoci che “se siamo in questo stato è una grazia. Noi oggi parliamo della morte di Filippo ma in realtà siamo testimoni di una grazia. Non siamo stati travolti dal dolore, anzi si è accesa la speranza. Qualcosa di concreto e di bello. Avevo sempre avuto paura che a mio figlio potesse accadere qualcosa. Il modo in cui poi ho vissuto la malattia e il periodo successivo alla sua scomparsa è stato un dono. Siamo stati accompagnati dalla preghiera di tanti amici. Questo non significa che non abbiamo mai pianto ma la sua mancanza è vissuta alla luce della fede”.
Aggiunge Antonio che “la presenza di Filippo si sente. Lo vediamo negli occhi dei suoi amici, dei suoi compagni di classe o di giochi. Dopo la sua morte, abbiamo conosciuto il Filippo che noi non conoscevamo: quando era a scuola, quando giocava. Il comune denominatore di tutte le testimonianze è che pensava sempre agli altri. Nostro figlio non esternava mai le sue cose a casa e quindi sapere così di lui ci ha fatto scoprire un mondo”.
La salita al Cielo di Filippo è avvenuta alla vigilia della Solennità di Tutti i Santi. Una coincidenza che non può non avere un significato, soprattutto per persone di fede come loro, ed infatti la sua mamma ci tiene a sottolinearlo. “C'è stato il periodo dei santi religiosi, dei santi sacerdoti, dei santi adulti. Questo è il tempo dei santi bambini e giovani. Il Papa li chiama i Santi della porta accanto”.
Tornando poi sul discorso della malinconia, Anna preferisce parlare di nostalgia. “Qualche anno fa mi ha colpito una bambina malata di cancro che, parlando della morte e del dopo, disse che la nostalgia è l'amore che rimane. Non che non abbia bisogno di parlare di lui ma lui è talmente dentro di me che non ho bisogno di parlarne esplicitamente. È perennemente presente anche quando credo di non pensarci”.
Il discorso passa poi alla genesi dell'associazione “Con lo Sguardo di Filippo”. Antonio precisa che “all'inizio non volevamo fare niente per non essere catalogati. È successo che dopo un mese dalla morte organizzammo un incontro tra amici per un ricordo di Filippo. Ci era piaciuto e pensammo di dare un nome a questa cosa. Inoltre era venuta fuori la necessità di un'associazione in parrocchia per le attività della Caritas, per le quali poi non è mai servita! L'associazione, quindi, è nata per una contingenza. Il nome c'era già venuto in mente. Mandai una mail per chiedere agli amici e la maggioranza ci disse che era favorevole. Abbiamo allora capito che è stato qualcun altro che ce l'ha fatta fare”.
La missione principale dell'associazione è stata ed è pensare a chi sta peggio. Da qui l'idea del volontariato in ospedale che ha comportato un corso di formazione. L'esperienza al Mayer è durata cinque anni ed è stata molto bella perché dava qualcosa ai volontari, ai genitori e ai bambini. Erano contenti anche i medici e gli infermieri.
A questo punto interviene l'amica Alessandra con i suoi ricordi: “ Una domenica c'erano quattro, cinque bambini. Si fece un gioco per coinvolgerli. Ridevano così tanto che una dottoressa scese giù e si trovò di fronte una situazione miracolosa con bambini malati ma in un'atmosfera di cui non si capacitava. La percezione era che Filippo fosse sempre con noi. C'ero stata quando lui era ricoverato e urlava dal dolore. Mi ricordo l'ultimo compleanno. Momenti forti che mi hanno toccato l'animo e il cuore. Rientrare in quel reparto è stata dura. Ma lui era con noi. Da quel giorno è sempre stata una gioia”.
Dopo l'ospedale, l'associazione ha organizzato un dopo scuola per aiuto allo studio oltre a forme di aiuto a famiglie in difficoltà. Sono stati organizzati anche due spettacoli per la raccolta fondi al Teatro Puccini per l'acquisto di una protesi a un ragazzo che aveva un tumore alla gamba. Non è mancato il supporto alla Caritas parrocchiale così come l'adozione a distanza di tre ragazzi e il sostegno ad una missione in Bolivia tramite la sorella di Anna che è una monaca clarissa a Cortona.
Per il futuro i progetti non mancano. Dal Covid in poi non è stato ancora possibile tornare nel reparto onco-ematologia. Prosegue per il terzo anno l'aiuto allo studio, ci sono volontari nuovi, tra cui diversi insegnanti in pensione. L'utenza è composta da bambini extracomunitari che avrebbero difficoltà a fare compiti da soli. Pur provenendo da una religione diversa, hanno un ambiente accogliente come quello della parrocchia.
Alessandra torna a parlare di Filippo: “La prima volta che venne con noi sulle Dolomiti, vedendo la bellezza delle montagne, rimase colpito mentre altri neppure se ne erano accorti. Il suo sguardo sulla vita e sulla realtà era un po' particolare”. Aggiunge la mamma: “Nello stesso istante in cui è spirato mi sono sentita piena, ricolma di una gioia e di una pace dell'altro mondo e ho pensato al messaggio che mi mandò proprio quando era in montagna. Filippo ora mi sta dicendo dove sta e come sta. Sono arrivato in paradiso e sono felice. Un dono che lui ha ottenuto per me dal Signore”.
Una circostanza confermata dalla stessa amica: “Il 29 ottobre Anna mi disse che Filippo era stato sedato: iniziai a piangere. Eppure lei mi consolava. Una fede grande.
Quando morì fu esposto in parrocchia. La grazia si è toccata con mano. È stato quello che doveva essere per lui e per noi”.
Tornati a casa, Anna e Antonio ci inondano di foto di Filippo che ci aiutano a conoscerlo meglio e ci mandando due scritti in cui desiderano ancora regalarci ricordi legati al proprio figlio. Per ragioni di spazio non possiamo pubblicarli integralmente però ci teniamo a dire il senso del loro fare memoria che è sempre rivolto all'insegnamento che una giovane esistenza ha lasciato in eredità.
“Per tutto il periodo della malattia, sia nella prima fase che nella seconda, non ha mai attirato l’attenzione su se stesso, ma ha sempre rivolto lo sguardo sugli altri” scrive il babbo. “Filippo ha vissuto la sua semplice santità – perché di questo si tratta – in modo silenzioso, senza atti o parole eclatanti… certamente con grandezza d’animo e maturità di spirito”, chiosa la mamma.
E non facciamo fatica a credere alle loro parole avendo visto la loro faccia e sentito le loro parole dal vivo. Filippo è un faro d'amore, un testimone dei nostri tempi, un esempio per le giovani generazioni. La vita è un mistero grande ma può essere accolta anche quando le cose non vanno bene, anche quando c'è di mezzo la malattia e la morte. Dire di sì conviene perché ci si apre ad un amore più grande. E Anna, Antonio e Alessandra ne sono testimoni.