La fede di Giuseppe è un esempio di fiducia in Dio e nella provvidenza
Forse non tutti sanno che in via Andrea del Sarto, alle spalle della chiesa di San Michele a San Salvi, sorge la Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri. Nel cuore della città di Firenze c'è questo piccolo ma importante esercito di religiose che, seguendo il carisma di San Jeanne Jugan, si prende cura degli anziani più poveri e soli. Al loro fianco il personale dipendente e i volontari che mettono la loro competenza professionale e umana al servizio dei residenti per offrire loro un ambiente materiale e morale sicuro e soddisfacente.
Per le Piccole Sorelle il prossimo 1° maggio è una data importante. Nella ricorrenza di San Giuseppe Lavoratore, che è il loro patrono, durante la celebrazione della Santa Messa avviene la promessa dei laici che fanno parte dell'associazione intitolata alla loro fondatrice. Dopo un tempo di riflessione e di formazione, queste persone prendono l'impegno di servire per un anno solennemente davanti a Dio.
E' sin dalle origini che la Congregazione ha voluto associare i laici alla sua opera. Si tratta di un impegno non solo in termini di volontariato ma soprattutto dal punto di vista spirituale, pur rimanendo nel proprio stato di vita. Attualmente sono 6 le persone che si ritrovano regolarmente con una suora per poi dare vita al loro apostolato con gli anziani.
Un'altra data segnata in rosso sul calendario è quella del 19 marzo quando vengono radunati i benefattori. A spiegarci l'importanza di San Giuseppe è la madre superiora della casa di Firenze, Suor Maria Isabella. “La sua fede è un esempio di fiducia in Dio e nella provvidenza. Noi suore affidiamo tutto a lui e, come da tradizione della nostra congregazione, mettiamo davanti alla sua statua un bigliettino con le necessità di quel momento (cibo, soldi, fatture) e lui si dà da fare. Ci sarebbero tanti episodi da raccontare ed infatti c'è un libro che raccoglie dati e fatti accaduti per sua intercessione”.
La stessa suora ci racconta un episodio che le è accaduto qualche anno addietro. “Ero a Torino ed avevamo la difficoltà di pagare alcune fatture che ammontavano a 8 mila euro. Un giorno, prima di aprire la posta, scrivo un bigliettino a San Giuseppe con questa richiesta che ci angosciava. Prima di recarmi alla statua, però, apro le lettere e trovo 6 mila euro di arretrati. Poco dopo arriva una suora che mi annuncia di aver trovato un benefattore con un assegno di 1.500 euro ed infine gli altri 500 euro li aveva portati la stessa suora grazie ad una questua. In dieci minuti avevo la somma giusta, ancor prima di andare a mettere il bigliettino. Questo è un episodio grande però ci sono tanti piccoli segnali che dimostrano la cura di San Giuseppe per noi”.
Nelle parole della superiora traspare evidente che la provvidenza non è un concetto astratto. “Sembra magia ed invece è la fede di San Giuseppe che intercede per noi. Più persone povere prendiamo più viene l'aiuto dall'alto. Ad esempio, proprio ieri mattina abbiamo accolto un caso di povertà estrema e il pomeriggio mi è arrivata la lettera di un notaio con un lascito. Chi non lo vive non lo può credere. Noi invece lo stiamo vivendo. Dobbiamo soltanto essere fedeli al nostro carisma e non cadere nella tentazione di fare tutto da sole o di sistemarci dal punto di vista economico”.
Basterebbe già questo per comprendere la grande opera che queste suore portano avanti a Firenze, in Italia e in tutto il mondo ma alcuni dettagli aiutano ad entrare ancora meglio nella loro storia. Nel capoluogo toscano la Casa di via Del Sarto è guidata da 9 sorelle, 4 delle quali però sono malate. Le altre cinque invece svolgono anche lavori manuali. All'interno dell'ordine c'è una varietà di provenienze e di lingue: oltre a cinque italiane (tra cui la questuante suor Mariapia), ci sono una spagnola (la superiora), due africane e un'asiatica dello Ski Lanka.
Ovviamente da sole non sarebbero in grado di reggere il peso della struttura che accoglie 60 ospiti, di cui un terzo è non autosufficiente. Per questa ragione sono aiutate dal personale dipendente composto da 35 unità delle quali una ventina ruota su più turni in quanto si dedicano proprio all'assistenza degli anziani che hanno bisogno di maggiore cura.
C'è poi una rete di volontari che anche svolge un lavoro prezioso. Stiamo parlando di una quarantina di persone che durante la settimana assicura una presenza in casa per rendere gli anziani più felici e sereni ed agevolare il lavoro delle suore e del personale. D'altronde le necessità sono diverse: la lavanderia, i lavori di cucito, l'ufficio amministrativo, gli accompagnatori delle passeggiate, la cura del giardino, il servizio alla tavola, l'animazione e lo svago.
Non pensate però che stiamo parlando di una tradizionale casa di riposo per anziani come ce ne sono tante a Firenze e in ogni altro angolo d'Italia. Quella delle Piccole Sorelle è un caso particolare nel senso che alla base della loro attività non c'è il profitto. “La nostra missione – spiega madre Isabella - consiste proprio nell'accogliere le persone anziane che non hanno possibilità economiche per vivere autonomamente. Più povere sono e più facilmente entrano nella nostra struttura. Il nostro sostentamento si basa sulla provvidenza. So bene che è una parola che alla gente suona un po' strana però a noi ha sempre funzionato. La congregazione delle suore esiste e funziona così da quasi duecento anni”.
Il meccanismo funziona in questo modo. Gli ospiti versano nelle casse delle suore una percentuale (circa il 90%) della loro pensione sociale, quella minima per intenderci. Questi soldi sono una forma di collaborazione alle spese della Casa ed infatti le suore riescono a malapena a coprire i salari mensili del personale. Il restante 10%, invece, lo trattengono gli anziani per le loro necessità.
Le altre spese, e sono tante, vengono coperte dalle donazioni, dalla questua nelle parrocchie e dall'aiuto della tanta gente buona che, grazie a Dio, le suore hanno sempre incontrato nel loro cammino.
Non è semplice andare avanti in questo modo ma si può fare. E lo dimostrano le Piccole Suore che attualmente ospitano 60 anziani. La fascia di età è abbastanza ampia perché si va dai 64 ai 102 anni anche se la maggioranza supera i 90 anni. Molti di loro vengono accolti che sono autosufficienti ma con il passare degli anni diventano invalidi. Infatti, al primo piano è stata allestita una sorta di RSA con 20/25 posti letto per i casi più gravi che hanno bisogno di maggiore assistenza, anche sanitaria oltre che igienica.
Anche se l'età avanza, la cura integrale degli anziani è un obiettivo molto concreto. “Siamo molto attente al fatto che i nostri anziani siano attivi sia fisicamente che mentalmente. Non costringiamo nessuno ovviamente, ma molti di loro comprendono che è importante muoversi, fare delle cose anche dal punto psichico. Tutte le mattine un gruppo aiuta una suora nel laboratorio dove si svolgono lavori di cucito. Altri sono in giardino oppure in cucina, in portineria. Abbiamo anche un'animatrice che si occupa dei non autosufficienti, facendoli muovere o intrattenendoli ad esempio con le parole crociate. Il pomeriggio, invece, ci sono alcuni che vengono a cantare con loro oltre che le visite delle famiglie. Possono anche uscire”.
“Così come non imponiamo le attività, prima di entrare in casa non chiediamo neppure il credo religioso . Il nostro carisma si basa sul rispetto degli uni verso gli altri. Dal punto di vista cristiano, il rispetto e la carità sono fondamentali. Dio ci ha creati a sua immagine e noi dobbiamo il rispetto ad ogni persona proprio perché è immagine di Dio e soprattutto perché siamo dinanzi a persone bisognose, limitate, che spesso non hanno nessuno. La vita le ha portate qui. La nostra idea è fare in modo che tutti possano sentirsi amati, rispettati. Non sono un numero . Così trasmettiamo il Vangelo”.
Questo nuovo umanesimo non nasce a caso ma è frutto di una intesa vita spirituale che sostiene tutta l'attività che le suore portano avanti tra mille difficoltà. Quest'anno è ripartita anche l'adorazione eucaristica mensile per le vocazioni. “Siamo in un mondo che sta cambiando molto e le vocazioni cristiane sono molto necessarie. Ci vogliono laici cristiani convinti di trasmettere il messaggio del Vangelo oggi così come ci vogliono sacerdoti, religiosi e anche Piccole Sorelle dei Poveri perché altrimenti tra 10/15 anni saremmo costrette ad abbandonare alcune case e ci dispiacerebbe molto anche perché tanti anziani vengono qui perché ci siamo noi. Bisogna pregare anche perché la gente ha molto timore di questo ed invece noi siamo molto felici di vivere così. A noi piacerebbe che tanti scoprissero il nostro carisma ma che comunque dessero una risposta alla vocazione che ciascuno di noi porta dentro di sé. La vita è una chiamata: scoprirla e rispondere è la più grande felicità che possa esserci. Ognuno nel proprio stato”.
Prima di salutarci, Madre Isabella ci racconta la sua vocazione: “Ho conosciuto le Piccole Sorelle perché venivano a chiedere l'elemosina a casa mia. Stavo studiando all'università e fui coinvolta in una raccolta di firme contro l'aborto. Andai dalle suore chiedendo le firme dei loro ospiti e non avrei mai immaginato che quella mia visita sarebbe stata la scoperta della mia vocazione. Cominciai ad aiutare come volontaria. In quel momento c'era anche il Papa Giovanni Paolo II che in un messaggio scriveva che Cristo ha bisogno di amare con il tuo cuore, di camminare con i tuoi piedi, di operare con le tue mani. Quando ho letto queste parole le ho sentite indirizzate a me. Non volevo diventare suora ma la chiamata è stata più forte di qualsiasi mia obiezione”.
Da quel momento è iniziata la storia della sua vocazione che l'ha portata da 20 anni in Italia tra Roma, Genova, Torino e negli ultimi sei anni a Firenze.