Claudia ribelle doc: così sono uscita dalle bolle delle mie insicurezze
Solitamente quando una persona si definisce ribelle non è vista di buon occhio. Si pensa subito a chi nel mondo è insorto, ha fatto una rivolta, ha rifiutato l’obbedienza oppure si è ribellato all’autorità. Ribelle, per la vulgata comune, fa rima con rivoluzionario e sovversivo; figure che, se ci pensiamo bene, quasi mai sono state iscritte tra i vincitori della storia.
Il termine ribelle, però, a volte può avere anche un’accezione positiva. E’ il caso di Claudia Nasca, la protagonista di questa newsletter settimanale. Lei è una ribelle tutta d’un pezzo e si fa presto a capirne il perché. Fin da bambina ha dovuto affrontare la “bolla”, come la chiama lei, ossia l’alopecia areata, ma non solo. La sua infanzia e la sua adolescenza sono state dominate da tante altre bolle di insicurezza, tra cui il rapporto con gli altri, l’accettazione di sé, il mondo del lavoro, i social e il tempo.
Claudia è una trentenne dei giorni nostri, nata a Firenze nel 1991 da madre originaria del Chianti e padre di Agrigento. Dal 2018 è la referente regionale di Alopecia & Friends by Claudia Cassia, un’associazione no profit per la quale ha pubblicato un racconto breve per bambini.
Da quanto racconta Claudia, ribelli si nasce, almeno nel suo caso. “Ricordo un episodio quando frequentavo la scuola materna, avrò avuto quattro o cinque anni. Chissà per quale gravissimo motivo alcune mie amichette avevano deciso di ‘mettere all’angolo’ una nostra compagna e deriderla, indicandola e sghignazzando. Non ci pensai due volte: mi misi davanti a lei, a volerla proteggere da quella cattiveria di cui a volte i bambini sanno fare uso, chiedendo alle compagne di smettere di fare quello che stavano facendo perché in quel modo facevano stare male la nostra amica. Tornai a casa fiera, soddisfatta di avere sconfitto l’astio con il dialogo”.
Ma c’è stato un altro episodio di ribellione eclatante nell’infanzia di Claudia quando all’età di otto anni ha cominciato a perdere i capelli. “Dapprima si trattava soltanto di alcune chiazze, poi, con il tempo, i capelli cominciarono a cascare tutti quanti. Iniziava il mio cammino dentro l’alopecia e, assieme a lei, iniziava la mia vita dentro la mia primissima bolla”. Non è stato facile quel periodo per lei e neppure per i suoi giovani genitori che si trovavano a dover spiegare a una bambina qualcosa che neppure loro conoscevano. Fu un bel colpo a livello psicologico, racconta oggi Claudia. “Prima i capelli e subito dopo le sopracciglia e le ciglia; l’alopecia si stava prendendo la mia persona, quella nella quale usavo riconoscermi”.
La prima risposta fu il tentativo di nascondere il problema attraverso l’utilizzo di una fascia per capelli sostituita poi da una bandana. “Per tanti anni, pensando a me stessa, io sono stata quella. L’alopecia ha richiesto un ventennio perché io riuscissi ad accettarla e a conviverci in maniera serena”. In questo lungo periodo, non sono mancate le difficoltà come quella di incassare la derisione dei compagni di scuola che però Claudia ha superato alla grande grazie alla passione per la lettura che già si intravvedeva alle scuole elementari tanto che la sua maestra d’italiano la definiva “topo da biblioteca”.
“La lettura ha fatto e fa parte della mia punta di ribellione perché penso che ogni lettore sia un ribelle in fondo. Vedo i lettori come liberi pensatori, liberi viaggiatori in mondi e universi che non tutti possono conoscere. Chi legge può accedere a mondi paralleli nei quali costruire la realtà che più gli piace, uscendo dal quotidiano per pensare a nuove idee e per cercare nuove soluzioni in maniera creativa”. Insomma la lettura era ed è per Claudia la sua via di uscita dalla bolla. Una passione che l’ha portata anche a scrivere un libro sulla sua storia, pubblicato da Porto Seguro, e che non poteva che intitolarsi “Parola di ribelle!”.
Alle medie avviene la metamorfosi. Claudia si tuffa nella nuova avventura scolastica ma sente sempre un nocciolo di insoddisfazione dentro al suo cuore. Chi sono io? Era la domanda che ricorreva dentro di lei. Una domanda che l’avrebbe sempre accompagnata anche nella scelta della scuola superiore che cadde su quella del liceo linguistico. “Forse quello è stato il momento meno ribelle di tutta la mia vita nonostante mi fossi addentrata nell’adolescenza”. Nasce la passione per la musica che però ben presto calerà insieme all’impegno per lo studio e alla frequentazione delle amiche.
A 17 anni l’ingresso nel mondo dei fidanzatini; un ritardo dovuto alla paura di un rifiuto a causa del suo aspetto fisico. “Ero soltanto una ragazzina che stava cercando di misurarsi con sé stessa, di trovare il modo più indolore di abbandonare la sua versione infantile per lanciarsi nell’avventura dell’adolescenza”.
Claudia ricorda oggi gli anni del Liceo come uno dei più liberi e dei più felici della sua vita ma anche dei più produttivi e più incisivi. “Ero un seme che stava sbocciando e avrei potuto diventare qualunque fiore io avessi voluto”. Lo spirito critico si rafforza. “I miei pensieri erano sempre di più i miei e sempre di meno quelli del mondo adulto che mi circondava. Acquisivo spirito critico, iniziavo ad avere una mia opinione in tanti ambiti, mi interessavo di politica”.
Nel 2008 l’iscrizione a Facebook e lo sbarco nel porto dei social network che ancora si sarebbero dovuti sviluppare. “Ci è stato messo tra le mani, nel vero senso della parola, uno strumento di una potenza disarmante che, con il giusto utilizzo, si fa piazza di condivisione e di scambio, di conoscenza e di cultura”.
Sarà anche per questo che, dopo la maturità, Claudia si iscrive alla facoltà di Scienze Umanistiche per la Comunicazione all’Università degli Studi di Firenze, esperienza che però dura soltanto un semestre perché comprende che non è quella la sua strada. Fu così che iniziano le prime esperienze lavorative, precarie, come cassiera. “Sperimentavo la magia dell’indipendenza economica, conoscevo un nuovo aspetto della mia vita, il lavoro, conoscevo nuove persone e tutto mi aveva dato un entusiasmo nuovo, l’entusiasmo dell’inesplorato”. Ben presto però Claudia finisce nel mare magnum della disoccupazione. “Io in quella bolla, fortunatamente, ci ho vissuto poco ma non la ricordo sicuramente come uno dei periodi in cui mi sono sentita spronata né più sostenuta dalla ‘mia’ società”.
Dopo una nuova breve parentesi all’università, questa volta a Scienze Politiche, Claudia si tuffa nel mondo della pelletteria grazie a sua madre. Conosce la vera indipendenza con l’affitto e le spese mensili ma, nel frattempo, si incastra in una relazione sentimentale che lei stessa definisce tossica. “Trascorsero cinque anni prima che, chissà per quale strano meccanismo della mente, mi rendessi conto che a tendermi le mani c’era e c’era sempre stata la mia famiglia”.
Tornando alla “bolla”, Claudia ci spiega che ha l’alopecia universale da quando aveva otto anni. Questo significa che ha perso tutti i peli del suo corpo da circa venti anni. Da allora ha incontrato medici, erboristi, ricercatori, professionisti, medici omeopati, in decine di viaggi fuori Firenze. “La convivenza con questa ospite indesiderata non sempre è stata indolore, anzi, ha portato con sé un trauma che avrebbe influito in maniera spregiudicata sulla mia vita”. L’accettazione della malattia è avvenuta quando Claudia ha scelto di amarsi. “Accettarsi ed essere grati delle persone che siamo, essere orgogliosi del nostro corpo, coccolarlo e proteggerlo con uno stile di vita sano”.
Ed è così che è iniziata il percorso di rinascita. Condivisione di esperienze con tante donne che come lei soffrivano di questa malattia, amore per il bosco e il trekking, per lo yoga e la meditazione, per i viaggi e le mostre d’arte. “Sono così passati due anni, due anni nei quali ho ricominciato a decidere per me stessa, a decidere di volermi bene, di amare il mio corpo e di esserne grata perché il nostro corpo è davvero il tempio della nostra anima e perciò va curato e amato incondizionatamente”. Poi è arrivato il Covid. Nei giorni del lockdown, Claudia è uscita per la prima volta senza il suo turbante per fare una passeggiata con il suo cane. “Quello è stato l’esatto momento nel quale tutte le bolle di insicurezza nelle quali avevo vissuto per tanto tempo sono scoppiate”.
Ecco perché c’è un significato positivo della parola ribelle. “La più grande ribellione oggi è amare, è amarci, è essere ognuno il sostenitore dell’altro. La più grande ribellione oggi non è permettere agli stereotipi di offuscare la nostra visione delle cose, non permettere loro di essere più forti della nostra autostima”. Amare e vivere, questo il mantra di Claudia. “Siamo ribelli, opponiamoci all’idea che nella vita ci sia soltanto qualcosa da fare. No, io dissento! Nella vita c’è anche molto da vivere!”.
Come ogni ribelle che si rispetti, Claudia non si ferma ma anzi rilancia. Il suo prossimo obiettivo è sganciarsi dal suo lavoro a tempo indeterminato, ma infelice, per inseguire quella che per lei è la vera felicità. “Lasciare il certo per l’incerto, un’altra volta accetterò una sfida e lascerò il suo vento soffiare forte su di me senza permettergli di spezzarmi perché sono una ribelle e i ribelli di ogni parte del mondo è questo che fanno: non si arrendono”.
Che bella che sei!! Complimenti 😘 Sei speciale e forte,la vita ti ha donato una determinazione che tutti vorremmo avere ma soprattutto ti ha fatta rinascere nell'amore vero,quello più importante e gratificante: l'amore verso te stessa. Vola alto sempre questa è la vera libertà! Con affetto Antonella 😘😘