venerdì 6 dicembre 2024
“Ennio Morricone era un genio, eppure un genio semplice”

Quando muore un genio c'è sempre il rischio di farne un santino. E' un rischio che corre anche una figura immensa e complessa come quella del maestro Ennio Morricone scomparso il 6 luglio 2020. Per sfuggire a questa deriva il figlio primogenito Marco e il giornalista Valerio Cappelli hanno scritto un libro a quattro mani, edito da Sperling & Kupfer, con la prefazione di Aldo Cazzullo.

Il volume, presentato ieri al Teatro del Maggio Musicale, parla certamente del genio di uno dei maggiori compositori del Novecento italiano e non solo, ma si concentra soprattutto su due aspetti meno conosciuti della vita di Morricone, l'essere uomo e padre, per restituire ai lettori e al pubblico un profilo più vero e autentico di un artista tanto amato.

L'evento fiorentino è stato molto di più di una presentazione di un libro. In uno dei templi della musica classica, si sono alternate una serie di voci che, insieme agli autori e al critico Gregorio Moppi, hanno dato vita ad una serata piena di ricordi, di emozioni e di note. E il pubblico ha gradito riempiendo la sala dell'incontro in ogni ordine di posto.

Ma andiamo con ordine. L'idea del libro è nata un anno fa quando Cappelli intervistò Marco Morricone per il Corriere della Sera. L'articolo piacque talmente all'editore che chiese al giornalista di farne un volume che ricorda molto il fortunato e bellissimo film – documentario “Ennio” di Giuseppe Tornatore.

Da questo lavoro in poi è nato un sodalizio umano prima che professionale tra Valerio e Marco che, fino al momento dell'intervista non si conoscevano, ma che ora li sta portando a girare l'Italia per un ciclo di presentazioni. La tappa di Firenze è stata fortemente voluta dal soprintendente del Maggio, Carlo Fuortes, che ha conosciuto personalmente il maestro Morricone oltre ad averci collaborato per alcuni concerti alle Terme di Caracalla.

C'è anche da considerare che Firenze e la Toscana hanno un significato particolare nella vita di Morricone visto che l'ultimo concerto prima della sua morte si svolse proprio nello stadio di Lucca, era il 29 giugno 2019, dinanzi a migliaia di persone in festa. Un ricordo che è riaffiorato all'inizio della serata aperta proprio dal saluto di Fuortes il quale ha consigliato ai presenti la lettura del libro: “E' ricchissimo di aneddoti, di ricordi, di testimonianze vere e autentiche di un uomo che è stato un grande compositore di musica”.

Il figlio di Ennio ha incassato i complimenti ma ha subito sgombrato il campo da equivoci. Il maestro Morricone è stato un genio ma contemporaneamente è stato una figura molto complessa. “Papà aveva le sue contraddizioni. Era un uomo che, nel silenzio, faceva rumore. Viveva l'aspetto creativo della professione ma contemporaneamente si sentiva un matematico, un razionale. Era figlio dei suoi studi, del suo percorso, ma lasciava spazio alla creatività con la musica creata con le immagini e quella che lui chiamava assoluta”.

Anche le parole di Cappelli viaggiano sul filo dei ricordi. “ Ennio è stato un padre per me. A sedici anni avevo già una grande passione per la musica classica. Mi prese sotto la sua ala, era figlio della durezza ma era un modo per proteggere la sua timidezza. Iniziai a scrivere ma non volevo fare il critico. Glielo dissi, andai da lui e mi fece fare un articolo che mi diede una certa prima visibilità”.

E' stata a questo punto che, a sorpresa degli spettatori, sul podio si è palesata quella che è stata la voce per antonomasia delle musiche da film di Morricone. Stiamo parlando del soprano Susanna Rigacci che, accompagnata dal clarinetto, si è esibita in due colonne sonore tra le quali c'era la famosissima di “C'era una volta il West” di Sergio Leone con cui tanto Ennio aveva lavorato.

Un momento molto intenso ed emozionante al termine del quale la Rigacci ha voluto regalare anche lei un ricordo personale del maestro con il quale ha collaborato. “Ho conosciuto Morricone per via della sua musica assoluta. Mi chiamarono a Roma per cantare un suo brano importante, di una bellezza, di una intensità straordinaria. Da quel momento è iniziato un sodalizio che non si è più interrotto”.

Durante la presentazione c'è stato spazio anche per due testimonianze video. Protagonisti due attori che hanno recitato per Morricone. La prima Claudia Gerini: “Nutro un grande amore per tutta la sua opera e la musica che ci ha lasciato. Attraverso la lettura del libro ho capito la grandezza e l'umanità di questo artista”.

Il secondo Gabriele Lavia: “Ennio cercava una nuova frontiera della musica. Con le sue tecniche fece uno spettacolo dove io facevo la parte di un principe. Era una persona di una semplicità assoluta, di una familiarità. Nutro nei suoi confronti una memoria affettuosa, bella. Era un genio, eppure un genio semplice”.

Tornado al figlio Marco, i ricordi portano al fatto che Morricone avesse inibito alla sua famiglia l'accesso al suo studio: “Lo chiudeva a chiave. Gli unici ad avere accesso erano mamma accompagnato da lui e pochi altri. Era come una chiesa. Faceva la sua camminata, dava un'occhiata ai giornali e poi se ne andava a scrivere.

In casa era vietata anche la musica. Sembrerà strano ma è così. “Non potevamo ascoltarla. Non esistevano radio, mangiadischi. Erano banditi. Rischiava di essere condizionato da quello che avrebbe ascoltato. Neanche lui ascoltava la musica di altri. Non era snobismo, ma isolamento. Ha vissuto in una bolla, protetto da mamma e indirettamente da noi. Di fatto è stato un pregio perché il suo lavoro gli è venuto bene”.

Sull'isolamento vissuto dal maestro è voluto tornare anche Cappelli: “Il libro è un omaggio, un atto di amore nei confronti di Morricone ma contiene anche la storia di un bambino, Marco, che cerca di essere conosciuto dal papà attraverso la porta del suo studio. L'isolamento lo ha provato sulla sua pelle. Ha avuto un ostracismo dal mondo accademico. Il primo concerto lo ha diretto a settanta anni”.

Una ostilità che ha fatto soffrire Ennio e che in parte si è sanata alla sua morte quando l'allora sindaco di Roma, Virginia Raggi, decise di intitolare a Morricone l'auditorium del Parco della Musica rafforzando quel legame speciale e indissolubile tra il maestro e la Capitale.

Un rapporto di amore viscerale che aveva il suo culmine nel tifo per la squadra giallorossa. Ha raccontato il figlio Marco che ovunque si trovassero a fare concerti il padre pretendeva di vedere la partita della Roma o almeno di essere aggiornato sul risultato. “La Roma è stata la debolezza di una persona che ogni tanto ritornava sulla Terra”.

Non c'è spazio per narrare tutti gli episodi che sono stati tirati fuori nel corso della serata dagli autori del libro che, evidentemente, sono stati spettatori privilegiati di una vita straordinaria. Marco è diventato l'alter ego del padre un giorno in aeroporto quando gli consegnò la valigetta contenente le sue partiture che fino a quel momento aveva sempre custodito gelosamente. E' stato in quel momento che ha capito che lo avrebbe voluto sempre al suo fianco e ne avrebbe dovuto coltivare la memoria una volta scomparso. “Se non lo avessi rincorso non lo avrei scoperto come papà. La figura di un padre è sempre centrale, il primo esempio”.

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